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Rutelli sulla scuola, Bertone sul Libano
06 Settembre 2006
 

«La scuola si adegui»: sono rimasta senza fiato per un po', di fronte a un tale ardito ossequio al mercato da parte di Rutelli: la scuola come variabile dipendente dell'industria turistica! chissà che cosa avrebbero detto alcuni famosi sindacalisti CISL, che oggi sarebbero probabilmente nella Margherita e che sostenevano addirittura che il lavoro era una variabile indipendente dal mercato! A mio parere un po' di ripasso della propria storia -anche parziale- di forza o corrente politica non guasterebbe, e non solo alla Margherita, beninteso. Siccome il turismo forse non tira tanto sia per i capricci delle stagioni, sia per i danni ambientali, sia per lo scarso reddito di molti e siccome non si riesce a spalmare la finanziaria, spalmiamo la scuola, via! tanto va sempre bene prendersela con una istituzione pubblica pesante faticosa costosa di rendimento incerto. Ecc. ecc.

 

Ha preso la parola sulla spedizione in Libano anche il card. Bertone, nuovo segretario di Stato del Vaticano, per benedire le truppe italiane e rendere omaggio al loro sperimentato addestramento da lui conosciuto in Kossovo ecc. Il cardinale che è il n.2 della gerarchia vaticana in politica, dice che la Chiesa è per la mediazione (meno male!) e apprezza l'intervento dell'ONU «e di altre agenzie internazionali» ecc. Le domande sono: perché il cardinale benedice le truppe italiane? quelle francesi non sono forse anche composte di cattolici? ma la Francia è uno stato laico e non accetta benedizioni; ma il Vaticano a sua volta è uno stato e non può fare preferenze in base alla confessione, anche perché nella delegazione delle N.U. vi sono truppe di varie denominazioni religiose e appartenenze nazionali e politiche. È un altro passo del progetto neotemporalista di Ratzinger? O è solo una gaffe? Inoltre che cosa sono le «altre» agenzie? la Nato? S. Egidio? sarebbe bene spiegarsi. Paolo VI, il papa che elaborò la più avanzata posizione dottrinale cattolica sulla pace, con la famosa correzione del detto degli antichi Romani “Si vis pacem, para bellum” “se vuoi la pace, prepara la guerra” in “Si vis pacem, para pacem”, “se vuoi la pace, prepara la pace” cioè la pace preventiva, lo fece -come capo di stato- all'assemblea generale delle N.U. coerente col suo insegnamento di scrostare la Chiesa di tutte le “ricchezze” anche politiche e culturali che aveva accumulato nei secoli, perché rispondesse alla sua unica caratteristica di «esperta in umanità». Atteggiamento molto limpido e sicuramente -anche per la sede scelta- laico. S. Egidio sta svolgendo una meritoria opera di ricomposizione tra confessioni religiose, cui manca peraltro il momento penitenziale che pure sarebbe giusto ci fosse, ma non può surrogare la diplomazia italiana, come si direbbe ambisca fare (se si ascolta come si presenta soprattutto sulla rete3): S. Egidio è considerato una specie di diplomazia parallela vaticana d'assalto. All'invio di truppe fa da guida il comando del ministro Parisi (ci tornerò), ma soprattutto l'azione della diplomazia italiana, della quale nessun giornale si degna di interessarsi e di dare qualche notizia. Sicché il più lodevole (su questa faccenda) dei ministri italiani resta Parisi per aver tirato le orecchie a generali e Rai, quando hanno intonato fanfare e ostentato armi prima dell'approdo a Tiro. Bravo Parisi, che ha richiamato i generali ad obbedire alle decisioni politiche di governo e parlamento, e la Rai a cercare di non essere più guerrafondaia dei militari di mestiere. Sembra che sia difficile narrare qualsiasi evento internazionale, se non attraverso il linguaggio e l'immaginario militare: persino uno mite colto e simpatico come Mirabella non parla di Libano senza il petto in fuori e le fanfare in testa. Andiamo a fare una specie di scommessa, un triplo salto mortale, una difficile operazione politica di interposizione militare, che vogliamo in ogni modo sia agibile senza scontri armati, e quindi il comando è della politica, come giustamente ricorda Parisi e dice ogni secondo giorno D'Alema.

Mi permetto di sottolineare che, per aver detto che la Commissione Difesa è la Commissione Difesa e non la Commissione Forze armate, avevo suscitato scandalo e stupore: eppure si vede che cosa vuol dire una commissione che non trova mai il tempo per discutere dell'uranio impoverito e riceve ascolta e aude soprattutto -se non solo- comandanti militari di ogni specie, invece di mettere all'o.d.g. i problemi delle forze armate, come problemi politici e le linee della Difesa come linee politiche che devono essere stabilite da parte di governo ministero e parlamento, ed eseguite dai militari, ai quali si chiede di saper quantificare costi metodi e benefici di ciò che viene loro ordinato. Quando ero stata candidata alla presidenza della Commissione, mi ripromettevo di enunciare un programma di lavoro così, a un dipresso, compaginato: rieleggere la commissione d'inchiesta sull'uranio impoverito, che la precedente legislatura aveva licenziato incompleta; poi un convegno delle associazioni dei parenti dei soldati morti in servizio, in spedizioni, e anche in patria in tempo di pace per incidenti, uccisioni e ferite da armi da fuoco, o da mine, suicidi maltrattamenti anche mortali nelle caserme, malattie e infezioni, stabilire se serve un servizio contro le molestie sessuali, poi decidere sui diritti dei militari e su una loro sindacalizzazione degna di questo nome. Devo dire che quando propongo un buon sindacato per i militari e magari che abbiano diritto all'obiezione di coscienza e di discutere e votare in assemblea a scrutinio segreto le regole d'ingaggio (visto che sono loro a metterci la pelle) trovo molto tiepidi compagni e compagne. “Sono volontari...” osservano: è vero, ma perché si pensa che non siano recuperabili a una visione meno violenta del loro mestiere? perché non si ammette che bandi per caschi bianchi potrebbero essere rivolti e aperti anche a chi sta già facendo il casco blu e desidera riciclarsi? perché non si vuole una sindacalizzazione vera che esiste in tutti gli eserciti di mestiere, ma non nel nostro? se i militari sono professionisti, il loro è un lavoro e come tale deve essere tutelato, o no? noto una sottile vena di “razzismo” contro i militari in queste posizioni. L'antimilitarismo non può mai dimenticare che anche i soldati sono persone e che se la guerra odierna è soprattutto contro i civili, a me non piace affatto che comunque muoiano anche i militari e spesso per incuria, indifferenza, e non adeguata protezione, come probabilmente è stato a Nassiryia nella casermetta e anche nell'ospedale da campo pochi giorni fa.


Lidia Menapace


 
 
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