Non è facile trovare il centro di Helsinki. Si possono passare anni a cercarlo. Prima di tutto perché Helsinki è una città sul mare. Una mezza città, con un’altra metà speculare, che s’intravede riflessa sul Mar Baltico: dove cercarne il centro? Nel punto dove l’acqua del baltico s’infrange sul molo col rischio di cadere in acqua? Oppure il centro va cercato sulla terra ferma, magari con un compasso ed una cartina in mano, cercando di trovare un punto equidistante dai confini amministrativi della città?
Come tutte le città portuali, Helsinki va avvicinata partendo dal mare, magari su un traghetto proveniente da Stoccolma o Tallin. In poppa al traghetto, la città affiora lentamente, anticipata da isole, alcune minuscole, con una capanna per pescatori nel mezzo, altre grandi e minacciose come Suomelinna, la fortezza difensiva costruita dagli svedesi.
Quando, negli ultimi metri di mare, resta soltanto Helsinki a stagliarsi all’orizzonte, l’impressione è di trovarsi di fronte ad un set cinematografico. Tutti gli elementi di una città ci sono, ma sembrano minuscoli, copie rimpicciolite, estrema sintesi di un paesaggio urbano. Il duomo bianco, posto in alto a dominare la città è il primo elemento che balza agli occhi, seguito dalla centrale elettrica con il suo camino fumante sulla sinistra, mentre alla destra luccica la cipolla dorata della cattedrale ortodossa.
Arrivati a terra, si notano altri elementi: la piazza del mercato, qualche fisarmonicista lituano, i gabbiani che si lanciano pericolosi sui passanti e le venditrici di fragole – al litro – dietro le loro bancarelle.
Dietro la piazza del mercato, infilandosi in una viuzza ciottolata, Sofiankatu, con un'insegna trilingue (finlandese, svedese e cirillico) si raggiunge la piazza del Senato, il primo “centro” di Helsinki. Costruita all’inizio dell’ottocento da un architetto berlinese, racchiude in una piazza quadrata gli edifici simbolo del Grand-Duché de Finlande, parte dell’impero Russo dal 1809 fino alla rivoluzione: il duomo luterano, che si staglia pallido in cima ad una scalinata marmorea, alla sua sinistra l’università e alla sua destra il senato. Di fronte alcuni edifici, oggi negozi di souvenir, che contenevano le prime attività commerciali della città. Un’allegoria dello stato, di nuovo, in formato mignon: economia, scienza, religione e politica ai quattro cardini della piazza e nel centro la statua dello zar Alessandro II, ma si tratta veramente del centro di Helsinki? Un foye vide, come diceva Barthes del centro di Tokio. La piazza è frequentata da turisti, che in estate si siedono sulla scalinata del duomo a prendere il sole, ma per il resto? Non mi è mai capitato di dire “vado in piazza”, oppure “troviamoci in piazza”. I finlandesi la solcano in tracciati diagonali, a piedi, raramente ci si fermano. Ho visto la piazza gremita soltanto in un’occasione: durante lo spettacolare concerto dei Leningrad Cowboys con il coro dell’Armata Rossa, nel 2003. C’erano 40.000 persone, la maggior parte stupite di essere tutte allo stesso tempo in quel posto, costruito da un tedesco, su ordine di uno zar russo, mentre i finlandesi continuavano a viverci attorno, nelle loro case di legno.
In effetti, Helsinki era stata fondata, su editto di un re svedese, molti anni prima, nel 1550 e in un posto un po’ più a nord est, sulla foce del fiume Vantaa, dove oggi resta qualche casa di legno, sparpagliata nel verde. Non proprio un centro ideale.
Giacomo Bottà
(1 – continua)