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Andrea Gratton. Guccini al videopoker
05 Luglio 2012
 

All’ipermercato dove vado a fare la spesa incontro spesso il sosia di Guccini. Intendo dire il Guccini di adesso, quello appesantito e paonazzo. Non quello magro, con la barba nera, di “via Paolo Fabbri 43”. Il Guccini scrittore; ecco, mettiamola così. Come spesso accade con i sosia, ci si mette un po’ di tempo per identificarli con chiarezza. Così mi capitava di incrociare quest’uomo nella corsia delle bibite o al bancone del bar dell’ipermercato e chiedermi dove diavolo lo avessi già visto. Poi, l’illuminazione. Un giorno lo vidi seduto a un tavolino intento a sfogliare La Repubblica e, chissà per quale strano collegamento involontario delle mie sinapsi, il parallelismo fu chiaro. Ecco dove l’avevo già visto: nella quarta di copertina dei libri di Guccini! Quest’uomo è dunque il suo sosia. Il sosia di Guccini scrittore.

Il sosia di Guccini scrittore è appesantito e paonazzo, proprio come l’originale. I capelli sono abbastanza folti, di un grigio che tende stancamente al bianco. La barba è incolta, trasandata. Come se qualcuno avesse deciso di seminargliela in faccia, tra le guance rosse, lasciandola cadere un po’ a caso. È una barba bianca, non troppo corta, né troppo lunga, e dà l’impressione di essere ispida piuttosto che lanuginosa. Il sosia di Guccini scrittore ha due occhi piccoli e chiari. Veste quasi sempre con un paio di jeans e una camicia dai motivi più disparati, con accostamenti cromatici che denotano un totale disinteresse per lo stile. Sembra un uomo pulito, il sosia di Guccini scrittore, e tiene la camicia infilata all’interno dei jeans, stretta da una cintura di cuoio marrone che ne mette in evidenza la pancia prominente.

 

Non avendo impegni fissi, mi capita di fare la spesa negli orari più disparati. Salvo rare eccezioni, a qualsiasi ora io mi rechi all’ipermercato, mi capita di incrociare il sosia di Guccini scrittore. Inizialmente lo incrociavo tra le corsie, assieme a una donna secca e bassa con gli occhiali, che sembra essere sua moglie. All’interno del loro cestino c’erano sempre pochi prodotti, della marca più economica dell’ipermercato. Mi stupiva verificare come (escluse le bevande) non fosse una spesa troppo diversa dalla mia: una spesa “essenziale”, discreta. Una di quelle spese che passano inosservate, e che le cassiere fanno quasi fatica a battere, perché lo scontrino finale non sarà affatto a doppia cifra. Negli ultimi tempi, però, il sosia di Guccini scrittore lo trovo sempre al bar, dove vado a bere un caffè dopo aver fatto la spesa. Se ne sta seduto a un tavolino, tra le edere di plastica e il bocchettone dell’aria condizionata, a sfogliare La Repubblica e bere Coca Cola alla spina. A una distanza considerevole dagli altri clienti o dai ragazzini intenti a scroccare la connessione wi-fi dell’ipermercato.

Il sosia di Guccini scrittore passa le ore seduto al tavolino, bevendo sempre Coca Cola alla spina. Una sola, però, senza ghiaccio e senza limone. A volte le cameriere gli portano una ciotola di patatine, lui le ringrazia, ma non ne mangia nemmeno una. Legge La Repubblica e beve la sua Coca Cola a piccoli sorsi. In silenzio. Come se avesse paura di disturbare qualcuno. Sfoglia le pagine lentamente, con una cura quasi maniacale. Si vede che non ha nessun tipo di fretta. Infatti, appena sfogliata una pagina, porta le braccia accanto ai fianchi avvicinando il viso al giornale e restando in quella posizione per tutto il tempo della lettura. Dalla prima all’ultima riga. La Coca Cola immancabilmente davanti ai suoi occhi. La pancia stretta dalla cintura di cuoio marrone.

 

Spesso sono le cameriere del bar ad aggiornarmi sulla vita del sosia di Guccini scrittore (ma loro non sanno che lo chiamo così). E, quando parlo di vita, intendo la sua permanenza pressoché costante all’interno dell’ipermercato. Non che ci sia molto da dire (il sosia di Guccini scrittore è un uomo di poche parole) se non che ha una leggera, quasi impercettibile, balbuzie. Che quando deve pagare allunga il palmo della mano e lascia che siano le cameriere a prendere le monete necessarie. Che non beve mai più di una Coca Cola (ma questo lo sapevo già), e che non vuole né ghiaccio né limone, né cambia mai ordinazione. Solo al mattino, di tanto in tanto, si concede un cappuccino “rinforzato” (è lui stesso a chiamarlo così), al quale aggiunge un paio di bustine di zucchero di canna. Deve essere un uomo goloso, il sosia di Guccini scrittore. Goloso, ma discreto. Come la sua spesa.

La moglie del sosia di Guccini scrittore (sono state le cameriere a confermarmi il loro legame) è una delle giocatrici di videopoker più accanite del bar. Se il marito se ne sta seduto al tavolino nell’androne dell’ipermercato tra le edere di plastica e il bocchettone dell’aria condizionata, lei vive appollaiata sullo sgabello metallico di fronte al videopoker, che si trova a due passi dalla vetrinetta del bar. Anche la moglie del sosia di Guccini scrittore è una donna di poche parole, ma solo perché è troppo intenta a giocare. Infila le monete e pigia i tasti del videopoker, selezionando le carte sullo schermo con un rapido movimento manuale. Poi pigia di nuovo un bottone giallo, facendo illuminare il videopoker e mettendo in azione le carte, che rullano sullo schermo. Il tutto accompagnato da effetti visivi e luminosi più vicini a una discoteca che a un bar. La donna secca e bassa inforca meglio i suoi occhiali per verificare un’ipotetica vincita. Poi infila altre monete nella fessura del videopoker, e riparte con la solita sequenza di bottoni pigiati, carte selezionate ed effetti visivi ai limiti dell’epilessia, che di certo non giovano ai suoi occhi sfioriti. Di tanto in tanto si rivolge alle cameriere, raramente per commentare una giocata fortunata o per ordinare un bicchiere di acqua e menta, più spesso per farsi cambiare qualche banconota. Del marito, il sosia di Guccini scrittore, seduto al tavolino a bere Coca Cola e leggere La Repubblica non chiede mai.

 

Un giorno, finita la consueta spesa “essenziale”, decido di fermarmi al bar per il solito caffè. Il sosia di Guccini scrittore è al bancone, mentre la moglie è alla postazione del videopoker. Sono seduti entrambi su uno sgabello metallico ma, se la moglie ci sta comoda, il sosia di Guccini scrittore è come una sardina. A stento e con fatica riesce ad allungarsi fino alla tazza del cappuccino “rinforzato”, assumendo una posizione non troppo diversa rispetto a quella che assume quando legge La Repubblica al tavolino: il corpo proteso in avanti, la pancia stretta dalla cintura di cuoio marrone, la barba bianca ispida a sfiorare la tazza, la copia de La Repubblica appoggiata sulla vetrinetta. La moglie, invece, si destreggia con una facilità disarmante. Si lancia sui tasti e sulle immagini con una velocità indescrivibile, muovendo le dita al ritmo luminoso del videopoker. Inizio a chiacchierare un po’ con le cameriere, mentre in sottofondo è tutto un susseguirsi di bip, dling, ting ting ting, e altri suoni difficilmente onomatopeizzabili. D’un tratto, però, il videopoker vomita un discreto numero di monete, che la moglie del sosia di Guccini scrittore raccoglie con prontezza.

Giornata fortunata! – dice, infilando le monete appena vinte nella fessura del videopoker e riprendendo il solito rito di pulsanti pigiati, carte selezionate ed effetti lumino-sonori. Nonostante la vincita della moglie, il sosia di Guccini scrittore è rimasto impassibile. Di fronte a sé la copia quotidiana de La Repubblica e il solito cappuccino “rinforzato”. Ne ha bevuto una buona metà, quando decide di aggiungerci un’altra bustina di zucchero di canna. Lo sgabello metallico, però, rende l’operazione disagevole. Il sosia di Guccini scrittore cerca di allungare il braccio verso la tazza, ma non ce la fa, così il contenuto della bustina finisce tutto sulla vetrinetta del bar, coprendo buona parte della prima pagina del giornale. I grani ambrati dello zucchero di canna stanno di fronte al sosia di Guccini scrittore come tante piccole pietruzze, e il sosia di Guccini scrittore, agitato da quel suo gesto inconsulto, cerca di pulire la vetrinetta, ottenendo però il risultato di spargere lo zucchero di canna un po’ ovunque. Allora una cameriera prende una spugna e raccoglie lo zucchero, dicendo che non è successo niente, che va tutto bene. Il sosia di Guccini scrittore, visibilmente scosso, si è fatto ancora più paonazzo. La sua barba bianca svetta cromaticamente tra le guance rosse, evidenziandole ancor di più.

Mi-mi di-dispiace mo-molto! – balbetta il sosia di Guccini scrittore, più per l’imbarazzo che per altro.

Dalla posizione della moglie, però, giunge un suono funereo. Come quando, giocando ai videogiochi dei luna park di paese, esce la scritta “ritenta, sarai più fortunato!”. Segue poi un rumore di monete opposto rispetto a quello sentito in precedenza. Se prima il videopoker aveva vomitato la vincita, infatti, ora inghiotte tutto il banco investito. Senza alcuna pietà. La moglie del sosia di Guccini scrittore, il sosia di Guccini scrittore, le cameriere e tutti i clienti del bar possono quindi sentire il rumore delle decine e decine di monete investite che sprofondano nella pancia del videopoker, a ritmo di ting ting ting. Questa volta il collegamento che le mie sinapsi mi suggeriscono è inevitabilmente “Money” dei Pink Floyd.

 

Ma è possibile che tu mi debba sempre disturbare mentre lavoro? – sbotta la moglie del sosia di Guccini scrittore in direzione del marito. – Non puoi proprio stare zitto? Devi sempre parlare e disturbarmi?

La vedo scendere dallo sgabello metallico, con un’agilità di gambe pari a quella manuale nel pigiare i tasti del videopoker. Poi si dirige verso il marito, strattonandolo per la manica della camicia. Lo tira giù a forza dallo sgabello, ma l’agilità del sosia di Guccini scrittore non è pari a quella della moglie, e quasi cade rovinosamente a terra, tra lo stupore di tutti i presenti. Suda vin maniera vistosa, il sosia di Guccini scrittore, e ha lo sguardo vitreo. Vitreo, ma discreto. Come la sua spesa.

Se non la smetti di portarmi sfortuna non ti porto più via con me, ok? – urla infastidita la donna secca e bassa, spingendo a forza il marito verso l’uscita. Il sosia di Guccini scrittore quasi inciampa sulle scale mobili, ma mantiene l’equilibrio in un ultimo sussulto di vitalità. – Hai capito? – continua a urlare la moglie. Il sosia di Guccini scrittore sembra annuire, in realtà sta tremando in maniera evidente. Come se fosse il suo corpo a balbettare e non la sua voce. Poi li vedo scomparire, inghiottiti dalle scale mobili, diretti al parcheggio dell’ipermercato. Sul tavolo sono rimasti il cappuccino “rinforzato” e la copia de La Repubblica.

Il cappuccino lo butto – dice una cameriera. – La copia del giornale gliela restituirò domani.

Credi davvero che torneranno domani? – chiedo io.

Alle mie spalle sento una moneta infilarsi all’interno del videopoker, e dare il la alla solita sequenza di suoni difficilmente onomatopeizzabili e ticchettii snervanti. L’ennesimo giocatore.

Non credo che torneranno domani, – risponde la cameriera – ne sono certa!

Allora ringrazio, pago il caffè, raccolgo la borsa della spesa ed esco verso il parcheggio, canticchiando “Via Paolo Fabbri 43”.

Quella del Guccini magro, con la barba nera.

 

Andrea Gratton


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