Il poeta e difensore dei diritti umani cinese Zhu Yufu (58, foto), arrestato dalle autorità cinesi lo scorso febbraio e condannato a sette anni di detenzione per una poesia diffusa attraverso Skype ad amici e colleghi, sarebbe stato sottoposto ripetutamente a torture fisiche e farmacologiche, secondo fonti locali. La poesia per cui ha subito la pesante condanna detentiva si intitola “È tempo” ed è un inno alla libertà. Eccone una strofa:
È tempo, gente della Cina! È tempo.
La Cina appartiene a tutti.
Seguendo il vostro cuore
è tempo che scegliate come dev'essere questo paese.
Zhu Yufu ha già trascorso in prigione nove degli ultimi 13 anni e la lunga detenzione, caratterizzata da un regime carcerario durissimo, maltrattamenti e torture, ha minato la sua salute. Alle organizzazioni umanitarie è proibito visitarlo nel centro di detenzione. Il Gruppo EveryOne ha inviato un appello al governo di Pechino affinché vengano interrotte immediatamente le barbariche torture inflitte a Zhu Yufu e il poeta sia liberato. «Zhu Yufu è innocente e un governo che ha paura di una bella poesia, un governo che perseguita i suoi poeti, i suoi artisti, i suoi filosofi è un regime disumano, dai piedi di argilla», scrive EveryOne nella sua petizione. «Ecco perché vi chiediamo di attenervi ai principi fondamentali della civiltà umana e di restituire a Zhu Yufu i beni della libertà e della dignità, che gli sono stati sottratti iniquamente. La Cina, nella storia, ha sempre protetto i suoi grandi poeti, anche quelli che cantavano la libertà quale ambizione suprema dell'essere umano. “Allungo la mano, afferro le costellazioni”, recita una poesia di Li Po (Suiye, 701 – Chang Jiang, 762), che vedeva la libertà come condizione basilare del pensiero e dell'arte».
Roberto Malini