Tenzin Gyatso, Premio Nobel per la Pace 1989, è il quattordicesimo Dalai Lama, Oceano di saggezza, la più alta autorità del buddhismo tibetano, ma, soprattutto, un'autorità morale e spirituale indiscussa e riconosciuta in tutto il globo. Dal 1959 il Dalai Lama vive in esilio in India, a Dharamsala, nello Stato di Himachal Pradesh. Ciò a causa dell'occupazione politico-militare del suo Paese per opera della Cina.
In tutti questi decenni alto è stato il magistero di quest'uomo gentile, colto, intriso di spiritualità e scienza del mondo, e nobile la sua voce in difesa dell'umanità tutta e dei suoi più generosi e puri valori.
Il Dalai Lama è stato ospite della città di Milano facendo onore con la sua presenza alla capitale lombarda. È così che per tellusfolio mi sono recato martedì 26 giugno all'appuntamento con il Dalai Lama, organizzato per la cittadinanza dal Comune di Milano presso la sua sede, a Palazzo Marino, e ho potuto assistere al suo discorso tenuto nella Sala Consiliare. Le immagini e le parole del Dalai Lama erano fruibili per il pubblico di giornalisti (e non solo) grazie a un maxischermo posto nella vicina Sala Alessi, ma, con il garbo che lo contraddistingue, il Dalai Lama è passato prima personalmente a salutare tutti i convenuti. Fugace in termini di tempo la comparsa, ma la sua figura ha lasciato un'aura di commozione, di naturale e bella semplicità, di sacralità.
Dopo le parole di benvenuto di Basilio Rizzo, presidente del Consiglio comunale, e di Giuliano Pisapia, sindaco di Milano, tocca a lui, Tengin Gyatso. Si aggiusta il microfono e aggiusta quello dell'interprete (l'aveva fatto, con simpatica ironia muovendo al riso, anche con Pisapia).
«Cari fratelli e sorelle. Fratelli e sorelle, un concetto che rimane per tutta la vita. Gli altri – Presidente del Consiglio, Sindaco – sono titoli che spariscono, finito l'incarico. Non si nasce sindaci... Apprezzo immensamente il benvenuto rivoltomi. Nel futuro, ha detto il Sindaco, non vedo buio, ma luce e arcobaleno. Per me parole di grande gioia. All'inizio e alla fine del XX secolo ci sono stati grandi cambiamenti e questi cambiamenti ci indicano speranza. L'inizio del XXI secolo è stato spiacevole (il riferimento parrebbe all'episodio delle Torri Gemelle, nda), ma questo si è dovuto alle negligenze del secolo passato. Dovremmo badare al livello fondamentale dell'umanità, quello per cui siamo tutti uguali. Tu vuoi essere felice? Anch'io. Tu non vuoi avere problemi? Anch'io. Dov'è la differenza? Secondariamente, certo, ci sono differenze, e proprio queste differenze servono a realizzare la felicità. Se però noi stiamo su questi livelli secondari dimenticandoci del principale, allora sbagliamo. Potremmo anche rinunciare a qualcosa del livello secondario. È importante utilizzare la nostra intelligenza per sviluppare consapevolezza. Se dentro di me insorge la rabbia, io subito faccio un'analisi tramite l'intelligenza. Il ragionamento sviluppa la conseguenza dell'inutilità di un sentimento come la rabbia. Bisogna trasformare la mente. Tutti possono fare questo ragionamento, indipendentemente dal fatto di essere credenti o no, poveri o ricchi. Tutti hanno questa possibilità».
Il Dalai Lama cita il benessere spirituale come qualità primaria dell'esistenza.
«Il mio primo intento, il mio sforzo, è sviluppare intelligenza, consapevolezza, nella convinzione che la sorgente della felicità è dentro di noi. Nei tempi moderni è stata data eccessiva fiducia, eccessiva importanza allo sviluppo materiale come fonte della felicità. Due sono i miei impegni: la pratica della non violenza e l'armonia fra le religioni, anche se il rispetto per i non credenti è estremamente importante. Impegni che porterò avanti fino alla fine della mia vita. In passato avevo un terzo impegno, quello della causa del Tibet, poi mi sono ritirato dalla politica». Parole, queste ultime, pronunciate con una sorta di serena amarezza o amara serenità. Il Tibet rimane nel cuore del Dalai Lama. Ma il cerchio dell'umanità, nella benefica visione, sognante e pragmatica, della nonviolenza, della tolleranza e dell'armonia, corrisponde all'orizzonte di colui che, nel tempo presente, è per tanti modello e paradigma etico. Compassionevole (ed è il giusto e migliore aggettivo).
Perché, prima di tutto, il progresso è interiore, nel profondo di ciascuno di noi.
Alberto Figliolia
P.S. Continuo a domandarmi... perché non gli è stata concessa la cittadinanza