«Questo film è notevole in ogni sua forma. Grande, semplicemente meraviglioso», Ipse dixit, ossia Quentin Tarantino riguardo a Silent Souls, un film di Aleksei Fedorchenko. Soltanto l'amore non ha fine recita il sottotitolo: parrebbe retorico, ma retorica non è affatto questa pellicola (titolo originale Ovsyanki, che corrisponde alla parola russa utilizzata per indicare gli zigoli, piccoli uccelli gialloverdi, dei passeracei molto diffusi là).
Silent Souls. Anime silenziose. Paesaggi acquosi e cuori disperati per l'incomprensibilità della morte che strappa. Liquide lande dell'anima.
Russia. Muore Tanya, amata moglie di Miron. Il suo corpo, preparato, dovrà essere riconsegnato alle acque, come nella tradizione, atavica, della gente cui appartiene Miron: i Merja, un'antica tribù e cultura ugro-finnica del Lago Nero, assimilata dai russi nel XVII secolo. I Merja vivono a ottocento km da Mosca, sul Volga, nel Tatarstan. Dall'acqua tutto viene, all'acqua tutto torna. Per restituire le ceneri di Tanya Miron deve intraprendere un viaggio (un road movie, quindi) e, sempre secondo tradizione, si fa accompagnare dal suo migliore amico, Aist (forse anche Aist aveva amato Tanya).
Fra ricordi, confidenze e silenzi si compie l'itinerario. Le parole sono scarne, ma scalfiscono. I silenzi sono densi. Il mistero della vita, di ogni vita, riluce.
«Il film è percorso da una tristezza e nostalgia incredibili» spiega il regista. «Ma più forte di tutto è il desiderio di condividere con un'altra persona il dolore in modo da diluirne la concentrazione […] Il viaggio descritto è un percorso dell'animo, dove oltre alle distanze fisiche si percorrono anche strade emotive».
Di Fedorchenko è il caso di ricordare Pervye na lune (First on the Moon), un “mokumentary”, vale a dire un falso documentario sulla conquista dello spazio (una équipe di astronauti russi che nel 1938 si addestra per sbarcare sulla Luna e magari è riuscita nell'impresa...). Un film spiazzante.
Silent Souls è un film laicamente religioso e lascia un profondo segno in chi lo vede. Flashback e nebbie, il fluire della memoria, i rari e non casuali incontri, la simbologia dell'acqua e la superba suggestiva colonna sonora (da brividi nella scena della vestizione della morta) compongono una vicenda universale, alla ricerca del senso ultimo, se mai esso esista.
Un film sui generis che, giunto in Italia due anni dopo la sua produzione, non ha tema di essere scambiato per un piccolo capolavoro.
Alberto Figliolia