Dimmi di te
È da qui che ti penso
e t’inseguo fin dentro alle tue paure,
quando il tramonto riassume tristezze
in ampiezza mostrando
i rossi e i viola in elegiaca intesa,
mentre l'aria s'acquieta
sospesa in bolle di malinconia,
e una stella sorveglia
affinché spiova la luce con garbo
e la sera addolcisca
il giorno preso da troppa arroganza.
Vissuto in terra molle
dove continuamente l’orizzonte
accade senza tregue,
tra nuvole veloci e sguardi fermi,
cerco l’anima usando
parole come dita.
Mi aggiro confidando nel silenzio
di questa mia pianura
lungo distesa sul greto che il fiume
ha da tempo scordato.
Qui sciolgo i miei sospiri nel tuo mondo
di ricordi inesausti.
Dimmi di te, di quel tuo sguardo inciso
da un graffio nel passato.
Non con parole, ma con mani aperte
toccami fino al cuore
e portami nel punto esatto in cui
il tuo fiato si è infranto.
Fammi sentire l’aria che non entra
a riempire il respiro,
e l’onda gelida contro pelle arsa
da un’attesa d’amore.
Se ti guardo lo sguardo è per scrutare
dentro la nera cinta del tuo cuore
trattenuto in assedio
dalla memoria di affetti insipienti.
Tu, chinati all’affanno,
e mostra il volto alla fragilità,
affidando al presente
l’intima redenzione delle lacrime.
Piégati all’amarezza
di cui sei frutto dolce e duraturo.
In malinconia penso
al posto buio in cui si deve andare
per prendere congedo
da quell’angoscia piagata nel cuore.
E allora stringo gli occhi
nei paraggi del cielo,
e pronuncio parole come dita
per toccarti in distanza,
e in desiderio farmi più vicino.
Angelo Andreotti