Domani il Consiglio dei Ministri è costretto a fare un decreto d'urgenza per evitare che i partiti si intaschino tutto il finanziamento pubblico dopo aver spacciato la balla di destinarlo ai terremotati. La patacca della norma rivenduta alla piazza di essersi dimezzati il finanziamento pubblico e di destinare 91 milioni subito per i danni dei terremoti e di altre calamità naturali avvenuti dal gennaio 2009 è infatti ormai una evidente falsa promessa.
Il Governo dovrà così evitare di pagare la tranche del finanziamento pubblico di luglio per intero sospendendo il pagamento, o decurtandolo della metà, e dovrà farlo con un decreto d'urgenza visto che il diritto matura il primo di luglio.
Infatti, il principio e la norma fissate nel primo articolo alla Camera, col voto contrario dei deputati Radicali, viene infatti reso nullo dall’ultimo articolo con cui si stabilisce che il governo ha 15 giorni di tempo per accertare i risparmi e destinarli ai terremotati. I 15 giorni scattano da domani se la legge fosse pubblicata in Gazzetta Ufficiale, ma è invece ferma all'esame della commissione Affari Costituzionali del Senato.
Ancora una volta è il Governo “tecnico” chiamato a togliere le castagne dal fuoco alla partitocrazia, che ora senza l'alibi dell'urgenza di fare in fretta la legge per risparmiare i soldi e darli ai terremotati dovrà confrontarsi su un testo che mentre decide che si finanziano i partiti con i soldi pubblici non decide il loro status giuridico e rischia l'incostituzionalità nella parte sui controlli come paventato dal presidente della Corte dei Conti.
Donatella Poretti