Se “Il mio regno non è di questo mondo”, come si concilia il ruolo del vicario di Cristo quale sovrano assoluto dello Stato Città del Vaticano?
Due ruoli in se stessi contraddittori, vengono assunti dal medesimo uomo che diventa il capo spirituale del cattolici di tutto il pianeta, con enorme capacità di influenza anche nella vita civile, nonché sovrano di uno Stato, negato dal medesimo Cristo, dotato di una enorme ricchezza e di una grandissima capacità di influenzare le scelte laiche della nazione che ne ospita la sede.
Quale dei due ruoli sovrasta l'altro?
È il sovrano assoluto che si serve del ruolo di capo spirituale dei cattolici, o viceversa?
In questo disordine giuridico si confondono anche i comportamenti che dovrebbero essere amministrati nel rispetto tanto dei cattolici quanto dei non-cattolici o aderenti ad altre religioni, come l'interferenza tra peccato (in religione) e reato (nello Stato laico).
Non c'è dubbio che la religione può influire, anche grossolanamente, nella vita sociale e laica. Accade nell'Islam fondamentalista sciita, dove capi di Stato o di governo si mettono a capo di una delle tante devianze dell'Islam per attirare le masse popolari attraverso la religione, cosa che non accade nell'Islam sunnita. I sovrani del Marocco vantano la diretta discendenza da Maometto. I sovrani della Giordania preferiscono definirsi “re degli hascemiti” piuttosto che dei giordani; gli hascemiti appartengono alla tribù di appartenenza di Maometto, e vantano il diritto di essere considerati “custodi delle città sante”, che si trovano in Arabia, sotto la dinastia Saud che ne rivendica l'appartenenza, con una insanabile frattura tra le due case regnanti. A loro volta i Saud legittimano il loro potere con l'appartenenza alla confessione Waabita, alla quale, per motivi di cartello petrolifero, hanno aderito gli emiri del golfo, gli Al Sabbah del Kuwait, e i gli Yemeniti e i teocratici Omanidi. La Siria ufficialmente è una repubblica presidenziale, ma presidenziale al punto da non potersi distinguere da una monarchia assoluta, anch'essa avallata dall'appartenenza alla confessione alawita. Anche il laico libano di Jhumblat è governato in nome di una enclave drusa che trae origine da Al Darazi, che secoli fa fondò una delle tante scissioni sciite che approdò ad un movimento politico del quale oggi Walid, come prima di lui il padre, è signore e padrone.
Anche in Vaticano stanno accadendo fatti analoghi, con intromissioni non accettabili nella vita civile di uno Stato Laico. Gli accadimenti che stanno travolgendo la credibilità (già compromessa) della religione quando cede e diventa politica, come la Fede che cede e diventa economia.
Non è pensabile che un pontefice, edotto in teologia, maestro nel socialità e nella solidarietà umana, in seguito ad una elezione si trasformi in un capo di Stato, con tutte le incombenze e la richiesta di competenze necessari per amministrare uno Stato ricchissimo ed enormemente influente. I danni, specialmente di quest'ultimo pontificato, sono stati fin troppo evidenti, con l'appoggio cattolico ad un governo liberista; ora sembra che l'itinerario stia cambiando, ma proprio per questo si è scatenata la lotta interna per il controllo del potere, principalmente di quello politico e amministrativo.
Ma se esiste uno Stato Città del Vaticano, non sarebbe giusto e corretto che ci fosse anche un Presidente di tale Stato, eletto ma senza liturgie religiose, che eserciti il potere temporale, laico, disgiunto dal potere spirituale, confortato da un Concilio permanente al fine di evitare rigurgiti di nostalgismi medievali?
Rosario Amico Roxas