È stato ufficialmente reintrodotto il finanziamento pubblico ai partiti. Lo ha votato la Camera dei deputati e, a tavolino, ci sono i numeri perché il testo approvato sia anche licenziato dal Senato. Una reintroduzione che fa piazza pulizia dell'ipocrisia su cui si basava la spartizione dei soldi fino ad oggi, ufficialmente erogati come rimborso elettorale dopo che gli italiani avevano bocciato con referendum il finanziamento di per sé. Infatti lo chiamavano rimborso, ma erano molti più soldi di quanto i partiti avessero speso in campagna elettorale, e quindi un finanziamento di fatto.
Grazie ai partiti si governa e amministra il Paese, ma non è obbligo da nessuna parte che questi partiti debbano essere finanziati per il fatto stesso di esistere. I risultati di questo metodo sono sotto gli occhi di tutti, ed è ridicola la famosa chiacchiera a cantilena che ci viene ripetuta: se non ci sono i soldi pubblici ci sarebbero quelli privati e chissà cosa farebbero i partiti per averli. Ridicola perché i soldi pubblici i partiti li hanno avuti ed hanno fatto lo stesso le porcherie di cui sono piene le cronache giudiziarie dei nostri media. Quindi, tanto vale, che se le porcherie comunque ci sono, si risparmino almeno i soldi dei contribuenti e, magari, se c'è volontà politica in questo senso, si mettano limiti e regole stringenti per i finanziamenti e condizionamenti dei privati (Usa docet). Inoltre si potrebbero prevedere agevolazioni per “il fare” ma non per “l'essere”: costi minori per sale dibattiti, per le spedizioni postali, per l'Iva, etc.
Ma quello che diciamo è fantapolitica. La realtà è quella che oggi tutti conoscono. E non se ne viene fuori. Per cui, prendiamo atto e cerchiamo di aiutare noi stessi e chi riesce ad ascoltarci a farsi meno male.
Lo diciamo noi Aduc che non percepiamo alcun finanziamento pubblico e non partecipiamo al CNCU (Consiglio nazionale consumatori e utenti, presso il ministero dello Sviluppo Economico) dove la maggior parte delle associazioni siede e si spartisce le prebende dello Stato, oltre a quelle che prendono da regioni, comuni, banche, gestori di grandi servizi, etc.
Certamente saremo in prima linea quando e se verrà lanciata la raccolta firme per un referendum abrogativo della nuova legge in divenire, ma non ci facciamo grandi illusioni. Altri referendum ci sono stati in passato e i risultati sono quelli che oggi non impediscono agli attuali padroni dei partiti e del Parlamento di fare ciò che credono. L'importante è non-mollare, costruire con chi è disponibile, a partire dalle teste di coloro che domani potrebbero amministrarci non come quelli di oggi.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc