Poco meno di un mese fa, su un campo di calcio di serie B, è morto un ragazzo di 25 anni. Una morte inspiegabile e crudele, come crudele è stato il destino ad essersi accanito contro un giovane uomo – Mario Morosini – che aveva già perduto genitori e fratello e che dedicava tutto se stesso a mantenere e aiutare l’unica sorella che gli era rimasta.
Una storia triste che ha colpito molte persone. Ha colpito al cuore, profondamente, amici, avversari, conoscenti del giovane calciatore del Livorno, ma anche tantissimi sconosciuti: “Sono una mamma, ho letto la tua triste storia, mi dispiace per te”, “Caro Mario, non ti conoscevo, pregherò per te”, “Anche se non ti conosco e se non mi interesso di calcio, la tua storia umana mi ha toccato l’anima. Addio Mario!” … sono solo alcune delle migliaia di lettere di persone che si sono sentite coinvolte dalla storia UMANA, appunto, prima che dalla storia sportiva o “mediatica” di questo ragazzo.
È lo stesso fenomeno che abbiamo visto in casi eclatanti di rapimento (il piccolo Farouk Kassam), o in casi di cronaca dolorosi (Alfredino caduto nel pozzo, le due gemelline svizzere sparite nel nulla), o in eventi tragici come gli incidenti stradali (basti ricordare Alessio e Flaminia, i due giovani fidanzati romani falciati e uccisi in via Nomentana nel 2008). Condividere il dolore… così come la gioia… per una vicenda umana è normale, per degli esseri che si vantano di avere qualcosa di diverso rispetto agli animali. La bellezza dell’uomo sta proprio in questo, nel saper uscire da sé e imparare dalla condivisione con altre persone.
In passato, condividere esperienze di famiglia, di paese, di quartiere (la morte di un vicino, la nascita di un bambino, la perdita di lavoro di un conoscente) attivava quella grandiosa macchina di solidarietà che portava la gente a darsi da fare per il prossimo. In passato, però… Adesso, invece, l’empatia sembra il peggiore dei tabù.
Un’utente che ha tentato di ricordare il lato umano del giovane Morosini su un sito web (www.ilficodindia.it) si è sentita rispondere che era “matta, strana, ossessionata” e che era molto stupido perdere tempo a piangere per uno che manco si conosce. La soluzione proposta? Sii dispiaciuta per dieci, quindici minuti, dopo di che… fregatene!
Già, fregarsene del dolore. Fregarsene dei sentimenti. Fregarsene, ovvero nascondere, scappare, sparire, eliminare le emozioni. È la nuova legge del mondo dei robot, il mondo degli esseri freddi, calcolatori senza scrupoli, che hanno portato al dominio delle banche, degli affaristi senza pietà alcuna.
La crisi economica, causata da chi gioca con la vita e le risorse altrui, causa quattro suicidi al giorno… ma gli addetti ai lavori rispondono: è uno dei rischi. Tutto qua. Anche loro si “dispiacciono per dieci minuti” e dopo se ne fregano.
Se non riscopriamo alla svelta i sentimenti, il battito del cuore, il dolore, l’amore e la gioia verso il prossimo, moriremo soffocati dal freddo della nostra anima che si spegne. Daremo vita a generazioni di gente senza scrupoli, che magari trova idiota dispiacersi per Mario Morosini che muore a 25 anni… ma non avrà nessun problema a ridurre alla fame un intero stato per il proprio tornaconto. Dobbiamo ribellarci alla legge dell’indifferenza. E piangere senza vergogna, davanti a una notizia triste. Significa che abbiamo ancora una speranza come esseri umani.
Grazia Musumeci