Per pesare nelle elezioni in Francia si è fatto appello a una delle tante minacce che hanno un filo in comune: la paura. Appena il risultato della primo turno delle elezioni francese ha dimostrato che sinistra e destra sono in bilico scatta il macchinario, ormai ben oleato. Marchingegno che si esponeva sfacciatamente al di fuori dei paesi industrializzati, ma che ormai è evidente anche in questi.
Hollande è sempre un capitalista, ma la sola possibilità che qualcuno si insedi con la parolina socialista a seguito o cominci a parlare troppo del sociale non piace: giù le borse, lo spread schizza, in tempi di crisi bruciati 160 miliardi, i mercati affondano. Lo spread – questa nuova paura – ha superato i 450 punti. Tutto fatto passare come dovuto al «pericolo socialista», all'«effetto Hollande». Ma a novembre dell’anno scorso era arrivato a 900 punti: di chi fu, allora, la colpa?
Lo spread è ormai troppo sventolato secondo gli interessi, sventolato a destra e sinistra.
Si legge un titolare tranquillizzante: «Nessun veto dei mercati se la Francia svolta a sinistra […]». Sembra perfino un’affermazione senza senso: Perché, i mercati possono imporsi ai paesi e nei paesi? Ma, per chi non fosse risultato chiaro, segue una chiara minaccia: «[…] ma Hollande rispetti il rigore». Quale rigore? Quello imposto dai mercati o quello che i francesi decidano da sé? Cosa deve rispettare Hollande, i mercati o suoi impegni con i francesi?
I mercati hanno legittimità per imporsi ai paesi e nei paesi? Hanno tanta forza come per una delle prime economie del mondo? Chi sono i mercati? Chi sono i mercanti?
Democrazia o mercatocrazia? Una cosa sembra chiara: i mercati si distaccano sempre di più dal popolo.
Leonardo Antonio Mesa Suero