Si va in Tribunale, ancora a Pesaro - il prossimo 27 aprile - Dario e io, accusati di aver interrotto o turbato, alla fine del 2008, «un'operazione di polizia finalizzata all’identificazione di tre cittadini stranieri». In realtà, assistevamo sotto l'aspetto umanitario da ben due anni quei tre cittadini Rom romeni con i quali, quella sera, avevamo un appuntamento. Uno di loro era padre di un bimbo piccolo, ma non possedeva abbastanza denaro per comprargli il latte e i pannolini. Sono stati i poliziotti (anzi: un solo poliziotto, perché l'altro aveva appena ordinato un panino e una bibita nel vicino bar e stava attendendo di consumare quello spuntino in auto), nel vederci sopraggiungere, a fermarci, usando toni eccessivamente duri sia con loro che con noi. Quando poi, dietro richiesta dell'agente, ci siamo qualificati quali co-presidenti del Gruppo EveryOne, organizzazione umanitaria per i diritti umani, il poliziotto si è quanto mai agitato e ha esclamato: “Ah, siete attivisti. Eh no, non ho mai avuto problemi in tanti anni di carriera e adesso non me li darete certo voi”. La sua ansia è aumentata quando gli abbiamo mostrato una lettera di incarico da parte della parlamentare europea Viktoria Mohacsi, referente del Consiglio d'Europa riguardo alla situazione dei Rom negli stati membri dell'Unione europea, nella quale venivamo incaricati di monitorare la condizione dei Rom in Italia, con particolare riferimento alle politiche messe in atto dalle autorità. Da qual momento l'agente ha assunto un tono di provocazione. “Quando vedo certe facce, io so di trovarmi di fronte a gente che delinque...” A questa parole ho risposto, con molta calma, “Be', forse non bisognerebbe giudicare le persone dall'aspetto fisico...”
L'agente non aspettava altro: “Ah, vuol dire che sono razzista? Non insista con questo tono o la porto via in auto. Questa è un'operazione di polizia... spostatevi a tre metri di distanza...” e chiamava il suo collega a raggiungerlo. Noi ci spostavamo, ma a lui non bastava, perché continuava a provocare. “Come mai sta a braccia incrociate?” chiedeva a Dario con un tono minaccioso. “La psicologia ci insegna che chi sta a braccia conserte ha qualcosa da nascondere!" Dario e io abbiamo tanta esperienza, nei rapporti di mediazione fra le forze dell'ordine e le minoranze. Abbiamo mantenuto calma e toni civili in ogni istante, finché gli agenti hanno condotto in questura - come avveniva spesso - i due giovani Rom senza documenti (se non una fotocopia). Il problema di chi vive all'addiaccio, sgomberato continuamente da un luogo all'altro, è che spesso, durante tali operazioni, può smarrire anche i propri documenti e non sempre dispone immediatamente del denaro sufficiente per rifarli (un minimo di 80 euro, presso i consolati e le ambasciate). Nonostante la nostra freddezza nel gestire quell'incontro, l'agente ha deciso, probabilmente per paura di essere segnalato alle Istituzioni europee a causa delle dure parole rivolte ai giovani Rom (“Io so che voi zingari siete qui per rubare” ecc.) di mentire contro di noi, inventandosi “parole ingiuriose” da parte nostra nei suoi confronti. Ora, mentre le autorità - compreso quel poliziotto - sono difese a cura e spese dello Stato italiano, noi stiamo spendendo tanto denaro e tante energie per la difesa legale. Siamo stati inoltre costretti, per evitare una condanna quasi certa (ricordiamo che in un primo momento la procura di Pesaro ci ha comminato un decreto penale di condanna, senza neanche averci ascoltati), a reperire quale testimone uno dei tre giovani Rom e a farlo tornare a Pesaro dalla Romania per testimoniare a nostre spese, così come siamo costretti a fare per l'altro testimone, che per fortuna vive in Italia. Si consideri, inoltre, come sia stato difficile, a distanza di anni, rintracciare il testimone Rom romeno, indigente e senza fissa dimora.
Una bilancia rotta
Si va in Tribunale:
come si prende sul serio,
il Teatro del Rancore!
Costumisti e truccatori
ci hanno trasformato in imputati,
mentre Abuso e Menzogna,
che sono lì di casa,
hanno nascosto
segni del potere e armi
sotto pelli d'agnello.
Di certo non temono
il verdetto, loro:
hanno accanto a sé
lo Spirito di Corpo
e lo Stato Italiano.
Chissà come andrà a finire?
Probabilmente le Istituzioni
cercheranno di difendere
il buon nome e l'onorabilità
di chi onore non ha.
Si va in Tribunale,
si va nel Tritacarne,
dove la legge
- lo sanno bene i Rom -
è una bilancia rotta.
Roberto Malini
Documentazione:
»» Video-testimonianza di Ipat Ciuraru
inerente l'evento che ha innescato il procedimento giudiziario
»» Estratto del Report of the Special Rapporteur on the Situation of Human Rights Defenders, Margaret Sekaggya, con la posizione dello Special Rapporteur riguardo al caso Malini/Picciau
»» Lettera in inglese dello Special Rapporteur delle Nazioni Unite alle istituzioni italiane sul caso della persecuzione giudiziaria dei difensori dei diritti umani Roberto Malini e Dario Picciau
»» articolo in italiano che riassume il caso Malini/Picciau (Gruppo EveryOne) nel Rapporto 2010 della FIDH
»» articolo in italiano sull'azione di FrontLine Defenders a tutela di Roberto Malini e Dario Picciau, in riferimento al procedimento in corso a Pesaro
»» lettera del 30 settembre 2010 alle istituzioni italiane, con la testimonianza dei due operatori umanitari, pubblicata su Avvocati Senza Frontiere