Il pensiero e il sentire di Eugenio Montale furono caratterizzati da un'omofobia virulenta. Il poeta era spaventato all'idea di “passare per pederasta”. Lo scrisse a Silvio Ramat negli anni 1960, a proposito della poesia “Ripenso al tuo sorriso” (da Ossi di seppia): lui amava le donne e non voleva lasciare dubbi! Definì Pier Paolo Pasolini come «povero e pederasta», in una lettera alla Spaziani. Prima della nascita dei movimenti per i diritti degli omosessuali, l'Italia - anche quella dei poeti, degli scrittori e dei filosofi - era ostile verso i gay e Montale, che forse temeva certi impulsi che si agitavano nel suo animo, lo era più di altri.
Forse un mattino andando in un'aria di vetro, / arida, rivolgendomi vedró compirsi il miracolo: / il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro / di me, con un terrore di ubriaco. / Poi come s'uno schermo, s'accamperanno di gitto / alberi case colli per l'inganno consueto. / Ma sarà troppo tardi; ed io me n'andró zitto / tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.
Pasolini subirà gravi discriminazioni, anche all'interno del PCI, per la sua omosessualità. Di Sandro Penna, che alcuni critici ritengono il suo “contraltare poetico”, Montale scrisse con sommo disprezzo: «Pederasta in modo tale che c'è da aver grosse noie dall'albergatore di Bognanco» (con riferimento al premio letterario Bognanco, che lo vedeva nella giuria). L'omofobia di Montale si espresse in tutta la sua visceralità nell'avversione che il poeta ebbe per lo scrittore e drammaturgo Giovanni Testori, dichiaratamente gay. Durante una soirée alla Scala, Testori era insieme al giovane e bellissimo compagno Alain Toubas. Si imbatté nel poeta e glielo presentò. Montale rifiutò al ragazzo la mano e girò sdegnosamente le spalle alla coppia, allontanandosi. Alain pronunciò subito, ad alta voce, queste parole: «Ce n'est pas un poète, c'est une merde». Personalmente, avverto una forma di “discriminazione lessicale” in tutta la poesia di Montale, che è comunque bella, originale e... sicura della propria natura: poesia di un “uomo che non si volta”.
Roberto Malini