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Patrizia Garofalo. “Fai bei sogni” di Massimo Gramellini
07 Aprile 2012
 

«...breve riposo dona alla mamma, Signore. Svegliala, falle un caffè e rimandala subito qui.

È mia mamma, capito? O riporti giù lei o fai venire su me, Scegli tu. Ma in fretta.

Facciamo che adesso chiudo gli occhi e quando li riapro hai deciso? Così sia».

Fai

Bei

Sogni

 

 

Massimo Gramellini

Fai bei sogni

Longanesi, 2012, pagg. 216, € 14,90

 

È forse nel titolo il significato profondo del romanzo di Gramellini. Quando ho scritto le parole in verticale, sono giunte carezzevoli la musica consolante di una ninna-nanna e la reciprocità madre-figlio, figlio-madre, consolazione che ci/li accompagna anche quando sono in là con gli anni; è grazie a quella cantilena che hanno potuto non aver paura dell’abbandono, dello stacco, dei sogni-brutti.

Entrambi.

Forse nel titolo, l’accoglienza di verità che ri-conosciute, ri-compongono ri-cordi e re-spingono ri-sentimenti.

Ultimo dell’anno, odore della mamma, vestaglia ai piedi del letto, “guaito” del padre soccorso da due persone, l’autore-bambino sarà portato da vicini di casa; domande senza risposta e un letto a castello mentre le luci dei fuochi d’artificio «smacchiavano il buio della stanza» e «un angelo con le ali di vetro perdeva l’equilibrio e precipitava sul tappeto». Era un bambino che guardava, è un uomo quello che scrive oggi alternando sorriso e lacrime come quando si narra qualcosa di doloroso e nel contempo ci si sforza a non piangere e a non far piangere.

Mi hanno accompagnato, nel tempo del romanzo, le immagini conclusive di due film che ho molto amato: Le notti di Cabiria; una Masina-Cabiria che camminava affondando le mani nelle tasche e rideva e piangeva e attraversava la verità della sua storia e Otto e mezzo, nella stordente musica che accompagnava la passerella di personaggi “in cerca d’autore”.

Guardare dentro le cose aiuta pur nel dolore a cogliere e accogliere quanto della vita non abbiamo voluto vedere, per ri-definirci. È nella dimensione sapientemente leggera dell’introspezione del sé che verità e nostalgia, passato e presente uniti senza “oscurità” si snodano le pagine di Massimo Gramellini.

Il papà e la mamma sono andati a fare una commissione ma non tornano ed il bambino s’interroga su quali peccati possa aver commesso per meritarsi una così triste fine d’anno. «Avevo risposto male alla mamma una volta e tirato un calcio sul sedere a Riccardo, il bambino della Juve che abitava al secondo piano. Non mi sembravano peccati gravi, specie l’ultimo».

Gramellini si e ci interroga sulla “parola”, sulla sua connotazione che, in un andamento sempre più consapevole, plasma e sfaccetta una purezza di linguaggio che si rigenera man mano si procede come voce bambina, adulta, affabulante, cosciente, consapevole e depurata dalla scrittura che lo carezza, lo schiaffeggia, lo accompagna nella ricerca e che si scioglierà nel perdono davanti alla verità delle sue pagine-vita. «Quella fantasia mi trasmetteva un senso di sicurezza che in seguito avrei ritrovato soltanto nella scrittura».

Nel vuoto di una serata irrequieta per un'insolita uscita del padre, un balletto della Carrà scioglie il pianto e la preghiera d’amore alla tata Mita. Raffaella Carrà è bionda come la mamma e l’immagine dell’ombelico è di rimando fin troppo facile anche per un bambino… il ventre, la nascita, la maternità, il calore che si agghiaccia alle parole di Mita: «Mi dispiace bambino… non ce la faccio a volerti bene. Nessuno ne ha mai voluto a me e… non so come si fa». Neanche l’autore non saprà per molto come si fa ad amare «un orfano di madre era meno attraente. Non aveva l ‘aura del titano solitario. Semmai del pulcino bagnato».

I sogni come svelamento del reale non bisogna intrappolarli nell’animo e nel corpo, vanno curati di notte quando arrivano piano e stringerli all’alba.

Le bugie preconfezionate per apparente pietà condurranno ad attraversamenti nei quali ogni addio avrà il volto e il dolore di quel «cucchiaio di ghiaccio nella pancia» …come allora …come da allora. Del vuoto, del naufragio, della guerra, di Salem, del poco prima e del tanto, dopo… Di questo Gramellini racconta e la ninna-nanna di fai bei sogni non è solo il congedo dall’oscurità ma una luce offerta anche a noi.

 

Patrizia Garofalo


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