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Si può uscire dalla crisi? Santa Giovanni dei macelli di Brecht al Piccolo 
di Gabriella Rovagnati
11 Marzo 2012
 

La Santa Giovanna dei macelli di Brecht è un testo di un cinismo esasperato, e Luca Ronconi, al suo primo incontro registico con il drammaturgo tedesco, allestendo questo dramma al Piccolo Teatro di Milano, ne sottolinea il carattere ambiguo. La pièce è ambientata nella Chicago della crisi economica del 1929, dove i magnati delle fabbriche di carne in scatola si scannano fra loro (la metafora del mattatoio domina ogni quadro del dramma) per non rinunciare ai loro profitti, e dove i proletari, disoccupati e affamati, cercano di opporsi alla miseria che li abbrutisce con proteste collettive e con uno sciopero generale.

Nella lettura di Ronconi la vicenda presentata è però sganciata da un preciso momento storico e diventa paradigma di ogni momento di crisi - quindi anche di quella attuale -, dove le tensioni sociali si acuiscono, mettendo in evidenza la meschinità insita in ogni uomo, ricco o povero che sia, nonché la difficoltà - o l’impossibilità - di trovare una via di scampo.

Anche in virtù di questa astrazione, nello spettacolo di Ronconi, la scena è ridotta a un set cinematografico, dominato da un dolly e da uno schermo gigante, che permette di trasformare un singolo attore in una folla e di far scorrere una serie di documenti a commento della vicenda (in sostituzione dei canonici striscioni o cartelloni brechtiani).

Nello scontro fra ceto abbiente e classe operaia si inserisce Johanna Dark, esaltata ed ingenua rappresentante dei Cappelli Neri (una sorta di Esercito della Salvezza) che cerca di convertire tutti alla parola di Dio, invitando i magnati della carne a rinunciare al proprio egoismo e gli operai a desistere dalla violenza. Il personaggio è una rivisitazione della Pulcella d’Orléans di Friedrich Schiller, ripresa da Brecht con intenti demistificatori. La protagonista di Brecht, infatti, non è moralmente ineccepibile, ma appunto Dark (in assonanza con d’Arc), ossia scura, per via della sua intima equivocità. Johanna sembra sì schierarsi dalla parte dei deboli, ma poi chiede aiuto a Pierpont Mauler, che abbattendo uno dopo l’altro i suoi concorrenti, mira al monopolio del mercato delle carni; e alla fine la giovane idealista, non consegnando una lettera che le è stata affidata dai dissenzienti, tradisce la causa dello sciopero. Nessuno, insomma, è solo “buono” o solo “cattivo”, ma, come ammoniscono i versi finali del testo:

 

Uomo, due sono le anime

che nel petto chiuse alberghi!

Non voler sceglierne una,

tutt’e due portarle devi!

Resta in lotta con te stesso!

Sdoppia in te le forze tue!

L’anima alta,

l’anima bassa,

l’anima pura,

l’anima impura,

tientele tutt’e due!

(trad. di Ruth Leiser e Franco Fortini)

 

Anche il prepotente Mauler, pur nei suoi deliri d’onnipotenza, ha i suoi momenti di cedimento, mentre la povertà rende gli operai ricattabili e pronti a tradirsi reciprocamente. Un caso tipico è quello della signora Luckerniddle, che rinuncia a indagare sulla fine di suo marito, inghiottito da un tritacarne, pur di poter avere venti pasti gratuiti alla mensa. Ma neanche Johanna è un’eroina e la sua morte non ne fa una martire della giustizia. Persino la santificazione finale di questa giovane, morta di stenti e di polmonite a soli venticinque anni, è priva di ogni aura sacrale e diventa solo un pretesto per dissimulare un conflitto che sembra non prospettare soluzioni di sorta.

Non è un caso che Brecht, pur avendo scelto di vivere a Berlino Est al suo rientro dall’esilio americano, benché nella Repubblica Federale fosse considerato il portavoce di un marxismo rigoroso e ortodosso, fosse stato in realtà sempre un po’ in sospetto presso gli alti funzionari della Repubblica Democratica. Perché non predicava affatto la sicura conquista dei mezzi di produzione da parte del proletariato. Ronconi prende spunto da questo testo, non certo fra i meglio riusciti di Brecht, ma considerato unanimemente un Lehrstück, un pezzo didattico, per dirci che nessuna ideologia può davvero cambiare il mondo, e tanto meno lo può fare il teatro. Il dramma, di cui il primo allestimento, diretto da Gustav Gründgens ad Amburgo nel 1959, aveva sottolineato la tragicità, presenta nell’allestimento di Ronconi elementi tipicamente ludici, con gli industriali che si muovo su binari dentro le loro stesse scatole di carne o la Borsa del Bestiame, presentata come un vero baraccone da fiera, in cui gli affari si concludono secondo leggi imperscrutabili e inaccessibili alla logica, che costringono la gente comune a delegare l’economia a un’élite di cui non si comprendono fino in fondo le mosse e le intenzioni.

 

 

Per saperne di più:

»» Piccolo Teatro di Milano


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