LE ACQUE
(una versione)
La scacchiera di Caterina, di legno buono intarsiato, è un regalo che le feci nel giorno del suo trentesimo compleanno. Lei mi dice sempre, con orgoglio misto a vanità, che le caselle delle scacchiere somigliano ai giorni della vita:
– Neri e bianchi come i giorni di temporale o di chiaro splendore. Neri come i 'neri pensieri', bianchi come l'abito da sposa che ho indossato per te. – Poi aggiunge, con sornione sorriso: – a te lascio i 'neri pensieri', mio caro, lascio i tuoi amati e perdenti 'neri pensieri'.
A dire il vero, non è che m'importi un granché degli scacchi, ho sempre pensato che sia un gioco troppo cerebrale, poco consono al relax; ma io sono il re dei 'neri pensieri', e lei la regina bianca. Caterina muove in diagonale il suo alfiere, già tutta assorta in argomentazioni tattiche, tacite e a me oscure. Io, come il solito, comincio invece a disperdermi, a divagare di là del momento sublime:
“Chiedere ancora centimetri di felicità al sole? C'è un angolo di cemento ove la memoria vorrebbe inebriarsi, spiccare voli verso la fanciullezza. Ragazzini godevano dell'ombra delle mandorle non ancora mature. S'arrampicavano su per i rami del carrubo, pini, ulivi. E il tempo si trascinò come un bandito ferito, scappò lontano rincorrendo chissà quale altra ombra. C'è un piccolo angolo di cemento alle sponde dell'imponderabile, alle spalle del passato, alla mercé dell'incomprensione.
Ai pomeriggi resta ancora tanto... Ci si perde fra i cespugli della speranza. Forse basterebbe solo chiedere centimetri di felicità al sole.”
Questi pensieri sconnessi si mischiano agli spifferi d'aria provenienti dalla fessura in basso della porta. Caterina mangia la mia torre:
– A cosa stai pensando, possibile che non riesci mai a darti tregua? Non sai goderti i piccoli piaceri della vita, caro il mio perdente dai neri pensieri!
– Voglio ascoltare il piccolo cuore che batte.
– Ed i gran calci, direi. Irrequieto come il padre. Mi chiedo come potrò sopportare due uomini che non amano gli scacchi.
“Dove vorresti nascere, in quale mondo, quale città, quale isola? Quale filo d'erba, quali clacson, quale mare? O forse preferiresti startene nel tuo? L'aria è così dolorosa, a volte, così soffocante... Non sempre i files hanno pronte filosofie, non sempre il modem raggiunge l'altra parte della rete. Non ho risposte da darti, non vie di fuga, non alcun certo significato. Il non-senso ci divora da questa parte della barricata, la parola può essere tormento. Siamo pedine lanciate nel baratro dell'universo, punti di domanda in sospensione. Amerai le tue donne, patirai separazioni, ti chiederai la morte, la vita... Almeno dimmi dove vorresti nascere, scegli il tuo piccolo spazio di terra e cemento, i tuoi centimetri di sole, la tua scacchiera. Perdonaci la vita, se puoi, o forse la ringrazierai se appena un giorno d'agosto sentirai complice la spuma del mare, se solo un clic aprirà il sito delle giostre.
Suggeriscimi la città meno imperfetta, dove il sogno non muore. Raggiungerai mete inimmaginabili, se pure il punto di domanda resterà nelle scritture d'ogni schermo, sarai sempre in cammino per l'altrove, troverai il codice d'entrata che mi manca alla lettura, la chiave di violino delle nuove partiture. Suggeriscimi la città meno imperfetta, dove il sogno non muore...”
– Ma tu non ci stai con la testa, perché non ti concentri?
– Abbracciami, Caterina, dimmi cosa si prova ad avere la vita dentro, narrami la favola più dolce che c’è, l’inizio che non ricordo. Portami nelle acque di mio figlio. Forse giocheremo un’altra partita, forse resteremo lì.
Giuseppe Samperi