Domenica e lunedì in prima serata è andata in onda la fiction tv Walter Chiari, regia di Enzo Monteleone, con Alessio Boni nei panni del famoso attore scomparso vent’anni fa. La Rai in qualche modo “recupera” un rapporto interrotto con il grande Walter per le sue vicende giudiziarie, un accantonamento per lui lacerante, che ne segnò la carriera e la vita personale. Mattatore poliedrico, di talento naturale, spontaneo e accogliente, generoso e altruista; ma anche esposto alle tentazioni, alle trappole che l’ambiente artistico ha sempre pronte per catturarti e farti male. Al di là della vicenda biografica, che in questa mini-serie appare soprattutto nei suoi risvolti intimi e umani, è interessante vedere come la figura dell’artista possa rivelarsi “preda” di loschi personaggi, incantatori convincenti e persuadenti nell’inseguire l’altrui infelicità. O bersaglio per incidere ferite profonde da chi cova invidia e rancore. Walter Chiari era personaggio a parte, fantasioso sul palcoscenico e nella vita, a costo della disfatta, ma pronto a rialzarsi, anche se tumefatto (fuori e dentro di sé). Una sorta di J. La Motta dello spettacolo, che k.o. non andò mai. Come un bravo pugile “incassatore”, Walter Chiari seppe sempre riprendersi, anche se consapevole di un passato scintillante che non poteva tornare. Cosciente della sua umile origine, era grato alla vita per la fortuna di cui aveva goduto. Ma alla fine cosa conta veramente? Esser sé stessi, il denaro – come dice l’attore in una bella battuta del film – “è solo carta”.
Merita una lode particolare il protagonista Alessio Boni, già ammirato in un’altra storia di artista tormentato come Caravaggio, che qui dà un ritratto calzante al personaggio. Boni tratteggia un Walter Chiari entusiasta della vita e generoso nel suo lavoro; il pubblico lo capiva e lo perdonava anche per i suoi memorabili ritardi. Bravo a entrare nelle pieghe complesse di un personaggio ilare e triste, euforico e malinconico, innamorato e tradito nella vita e nel lavoro. E, alla fine, Chiari si rivelò anche un solitario (la sua morte è testimonianza di questo), a suo modo un uomo “contro”, come lo fu Caravaggio. O, per citare ancora un personaggio di Boni, come il Matteo de La meglio gioventù.
Giovanni Cerri