StraordinariaMente ordinaria
Sono tutti in piedi. Visi nuovi, ancora una volta, come sempre. “Comodi, comodi” lo ripeterà ogni volta, come la prima volta. Quel giorno l’aspettavano, i giorni successivi sapevano che anche con la febbre non si sarebbe assentata.
“Forse ha diciott’anni…” ma ne è poco convinta Martina, mentre risponde alla domanda della madre che le chiede com’è andata quella prima giornata.
Nina arriva dal polmone della penisola e i verbi non sono il suo forte. “Sa, arrivo da un paesino piccolo e là… Non è che…” lascia cadere le ultime parole comunque chiaramente intese come fossero state urlate. Confessa di capirci poco di matematica, ma la storia l’appassiona. Fa fatica a seguire le lezioni, ma la nonna a casa le rispiega tutto.
Alex chiede di fare la verifica sui verbi: “Io imparato prof, studiato tutto!”, ma il congiuntivo proprio non se lo ricorda! A quindici anni hai voglia di pensare ad altro. Il primo giorno cuori di carta volavano per la classe per posarsi su banchi di compagne inorridite. “Non ci penso proprio a mettermi con quello lì!” La diversità è ancora troppo diversa, ma Alex è cresciuto con i nonni a suon di legnate nella sua vecchia scuola: “Portami il libretto!” non è altro che un puro esercizio di educazione motoria.
Gianella è seduta nel proprio banco con sguardo perplesso. Forse si chiede perché tutti i compagni non studiano quanto lei e se lo chiedono tutti i colleghi ogni giorno nel corridoio. L’hanno messa in seconda perché era fresca d’arrivo. Lima, Perù. E non in terza, con i suoi coetanei. Ma ora tutti si chiedono: che ci fa in seconda? Non lo sapeva la prof quel giorno che, entrata in classe per far supplenza, ha letto Allende. “Qualcuno è nato in casa?” chiese vedendo in giro visi oriundi. Lei si guardò intorno e poi alzò timidamente la mano. Lima, Perù.
Fayed è nel corridoio in lacrime. “Mi ha dato del bastardo, a me che non ho neanche il papà!” Ha quasi travolto la prof per acciuffare un bambinetto di prima che lo aveva spinto e insultato. Ma è facile travolgere la prof: è alta quanto loro. Ma non è facile capire che nella vita le mani devono essere usate solo per costruire e non per distruggere se intorno a te tutto cade a pezzi.
Giovedì pomeriggio, 16:30, fine delle lezioni, cancello d’entrata. “Andate a casa! Non fatevi distruggere quei bei visini!” “Ma saranno loro a tornare a casa con la faccia spaccata prof”. Gli insulti devono essere vendicati. Peruviani, rumeni, italiani, filippini, marocchini. “E pensare che poi non sanno dove si trova l’Italia sulla cartina!” pensa quasi sorridendo la prof che vorrebbe dividerli facendo loro una lezione di geografia della diversità. “Se solo ciascuno dicesse all’altro qual è la capitale del proprio Paese d’origine: sai che bella scazzottata culturale!” Ma si corre solo il primo rischio: scazzottata. Il secondo, imparo la geografia, è un rischio troppo grande da correre: tutti a scuola lo evitano accuratamente.
Sembra quasi che cerchino di preservare la specie: il minimo sforzo per sopravvivere. C’è solo un problema: più è minimo il loro sforzo, più è grande quello dell’insegnante che tutte le sere prega confidando nel miracolo di vedere scritto “qual è” senza l’apostrofo.
L’ultima verifica è corretta. Favola, morale: la forza è più debole dell’intelligenza. Hamid. E allora qualcuno ha deciso che vale ancora la pena di correre il rischio.
Mara Recchia