La discussione sui provvedimenti da adottare per decongestionare le carceri è venata demagogie e allarmismi che vengono sia da destra, quella parte del PdL che viene da Alleanza Nazionale, la Lega di Umberto Bossi; ma anche da sinistra: quel magma che va dall’Italia dei Valori a Beppe Grillo e quell’area che si riconosce nel Fatto quotidiano. Suonano la grancassa dell’allarmismo sociale, sostengono che se dovessero passare le misure cosiddette “svuotacarceri”, e che il carcere lo svuotano in modo assai minimo, le nostre città, le nostre strade, la società intera, sarebbero preda di bande di delinquenti e farabutti di ogni genere pronti a commettere ogni tipo di reati. Ogni botte dà il vino che ha, e il vino di questi signori è aceto.
Lo ha dimostrato – ed è dimostrazione definitiva, che stronca ogni speculazione – Luigi Manconi, nella rubrica “Politicamente correttissimo” che ha sul Foglio ogni martedì. Proprio ieri sul Foglio Manconi ha recuperato dati estremamente interessanti. Manconi parte da un’esigenza che, vuoi per mera speculazione politica, vuoi per incapacità o pigrizia, trova poca corrispondenza nelle analisi e nei commenti che capita di leggere e ascoltare: l’esigenza di riflettere sulla pena e sulla sua esecuzione, sui reati e sulla loro origine e sui loro effetti. Proprio grazie a questa riflessione ecco i dati interessanti e insieme sorprendenti, che rivelano come, è Manconi che scrive ma è tutto da sottoscrivere, «l’impostazione giustizialista, che si vorrebbe pragmatica e tutta giocata sulla concretezza, si dimostra invece inefficace in quanto incapace di andare oltre un meccanismo reattivo, illusorio e infine utopistico. Un approccio che si propone come fattuale, ma che non sembra in grado di leggere i soli dati di fatto che davvero contano».
I dati sono questi: nel 2011, su 20.314 detenuti in regime domiciliare – ripeto: su 20.314 detenuti in regime domiciliare – quelli che hanno commesso un nuovo reato (si parla di reati: rapine, violenze, quant’altro – sono appena lo 0,81 per cento. Non raggiunge l’1 per cento di percentuale. Per capirci: meno di duecento su oltre ventimila detenuti che hanno usufruito del regime del carcere domiciliare. Questi sono i dati; il resto, l’evocazione dei delinquenti lasciati liberi, che tornano a delinquere, che rubano, rapinano, violentano e massacrano sono solo e unicamente ignobili, volgari e meschine speculazioni che vedono uniti i Maurizio Gasparri e gli Antonio Di Pietro, i Roberto Maroni e i Beppe Grillo. Ripeto ancora una volta: su 20.314 detenuti agli arresti domiciliari, hanno commesso reato lo 0,81 per cento, meno di duecento. Uniamo questi dati a quelli raccolti un anno fa dall’università di Torino relativi alle recidive – irrilevanti – di quanti hanno beneficiato dell’indulto, e abbiamo la prova provata di come quei personaggi giocano sporco facendo leva su paure e timori che non hanno ragione di esistere.
Valter Vecellio
(da Notizie Radicali, 8 febbraio 2012)