Ilenia Provenzi, Francesca Silvia Loiacono
La discesa dei Luminosi
Giunti Editore, 2012, pagg. 442, € 14,50
Dopo Fruttero & Lucentini, Provenzi-Loiacono. Scrivere un libro non è facile, scriverlo a quattro mani ancor meno. Francesca Silvia Loiacono e Ilenia Provenzi hanno vinto però la sfida avendo saputo sfruttare e incanalare al meglio le diversità e complementarietà caratteriali per giungere a una bella sintesi formale ne La discesa dei Luminosi, romanzo uscito nell'incipit di questo 2012 bagnato dalla “maledizione” dei Maya. In effetti l'ormai celeberrima profezia del popolo precolombiano, che pone il termine della nostra era nell'anno in cui abbiamo la ventura di vivere, compare anche nel sottotitolo. 21 dicembre 2012, la fine del quinto ciclo.
La discesa dei Luminosi ha avuto una lunga genesi creativa, come confessano le autrici: un lavoro narrativo iniziato quattro anni or sono e proseguito fra ricerche d'archivio, rimbalzi di capitoli e costruzioni psicologiche dei personaggi, riscritture, riletture e limature fino ad a arrivare, come detto, a una coerenza stilistica di tutto rispetto, a un amalgama sorprendente; due menti, due sensibilità, due anime e quattro mani per una storia che si legge tutta d'un fiato, gradevole, accattivante, fluida nei suoi salti geografici, culturali, esistenziali, fra realtà tangibili e dimensioni e universi paralleli. Come, da un lato, la ricerca di un codice nella Mesoamerica, da salvare o distruggere, secondo i diversi intenti – per proteggere o condannare la Terra –, e, dall'altro, i misteri dei Luminosi, esseri immortali del pianeta Aurora, con la sua silenziosa aura, la musica dalle stelle, l'oceano sulle cui sponde camminare/sedere e meditare, e, fra queste creature, Jude e Danielle, figli di Damon e di una terrestre.
Jude e Danielle sono in missione per conto del padre e in nome di una vendetta che affonda le sue ragioni come nella terra le radici di uno stranito albero. L'albero della storia. L'albero della storia dell'intolleranza umana. Nel segno del serio, ineffabile e tragico gioco delle emozioni e dell'amore, motori del mondo e così ardui da gestire.
“L'orologio di San Marco batté le cinque”. La lunga vicenda prende le mosse da Venezia, città di pietra, acqua e meraviglia, così atemporale da essere eterna nell'effimero, un sogno fattosi materia e bellezza, per spostarsi verso la Toscana, Monteriggioni, la Val d'Orcia e Siena, e infine verso il Centro-America, Teotihuacán, Cancún, lo Yucatán, con i più disparati riferimenti ai luoghi della natura e dell'archeologia che fanno pensare a quel che nel vorace e, insieme, torpido fluire del tempo è l'esperienza e l'avventura degli esseri umani.
La lotta fra il Bene e il Male, nel tentativo di impadronirsi dell'antico codice? La soluzione offerta dalla nostra coppia di artefici esce dallo stereotipo. La vita è, in definitiva, indefinibile pastiche, commistione di luce e buio, di fango e aria pura, fuoco che brucia o purifica e vivifica come evocato dal simbolo dell'araba fenice.
I sentimenti degli individui, il sentimento della specie, il pianeta che respira; la Storia che si crea e cancella, come nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma; l'algido controllo delle emozioni, la distruttività delle passioni fuori controllo; lo scontro fra umani e dèi oppure, altra chiave di lettura, fra la bestialità contenuta nel pozzo profondo dell'anima e la sua sublimità: in noi convivono angeli e demoni. Un finale aperto per ciò che verrà (o ciò che è stato?) nel ciclico ritorno. Parlare della realtà presente senza accennare al presente, la società quasi come un incidente di percorso. E con ciò suscitare ancor più certi dolorosi spettri. Ogni anima è un mondo a sé, autosufficiente: isole disperse e invisibili l'una all'altra, ma bagnate dall'energia delle stesse correnti. Evasioni e visioni.
Insomma, un libro che diverte e, nel contempo, stimola.
Interessante sbizzarrirsi nel gioco delle fonti che hanno ispirato le autrici: The Lord of the Rings? Solaris? Blade Runner? Dan Simmons e il suo straordinario Ilium? Platone e l'iperuranio? Il Fantasy dei maestri? Il mito dei vampiri nelle sue forme più semplici o, alla Anne Rice, più evolute? Dan Brown? YA? Incursioni dalla poesia, dal momento che il primo libro della Loiacono, seguito poi da due volumi di racconti, è stato una silloge di liriche?
Che dire poi di Aurora? Le pietre rosa sulle rive dell'oceano, la lettura delle stelle, la luce ad avvolgere nella musica perpetua. Né tempeste né terremoti, ma neppure emozioni. Senza inizio e senza fine. La dedizione alla conoscenza. Paradiso? Una sorta d'inferno? O che altro? Di contro, il disordine e l'imperfezione del nostro misero pianeta azzurro. “Il mondo sarebbe migliore senza esseri umani”... Siete d'accordo? Se l'economia non ci salverà, anzi le sue sregolate leggi ci stanno affossando, ci vorrà/basterà un'energia sciamanica, una nuova consapevolezza oltre le banalizzazioni della New Age?
Il miserabile pianeta azzurro. Non poi così brutto o cattivo, anzi splendido se pensiamo che vi è nato uno che un giorno ha scritto Le Petit Prince.
Questa Terra che speriamo andrà oltre il 21 dicembre 2012. E, intanto, ci godiamo questo libro.
Alberto Figliolia