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La storia dello stadio di S. Siro, monumento milanese 
di Mauro Raimondi
27 Gennaio 2012
 

Per gli stranieri, è uno dei simboli di Milano. E il suo Museo è tra i più visitati della città. San Siro non è solo uno stadio, ma un vero e proprio monumento. Perché è costituito da un’architettura imponente e moderna, tipica del Novecento. Perché identifica Milano in Italia e all’estero. Ma soprattutto perché è un luogo che da sempre genera emozioni. E non solo agli appassionati di calcio, ma anche a tutti coloro che hanno assistito, al suo interno, ad incontri di boxe ed ecclesiastici, a opere liriche e concerti.

Del resto, della monumentalità di San Siro il cinema se ne è accorto quasi subito: il primo film importante che lo immortala è Una storia milanese di Eriprando Visconti del 1962, a cui segue una lunga, importante scena in Milano nera (1964) e poi molte commedie di Pozzetto, Abatantuono e Aldo, Giovanni e Giacomo.

La storia di San Siro inizia il 1° agosto 1925, quando viene posta la prima pietra. Ideatore del progetto è il Presidente del Milan Piero Pirelli, che ha deciso di costruire un impianto definitivo per la sua squadra. E per farlo sceglie una zona periferica e nebbiosa, che deve il suo nome al Santo per il quale nel IX secolo venne eretta l’omonima chiesa “alla Vepra” (antica denominazione dell’Olona), i cui resti sono ancora visibili in una villa situata al n. 20 di via Masaccio, uniche vestigia dell’antico paesino dove i milanesi di Porta Vercellina scapparono prima della distruzione della città ordinata dall’imperatore Federico Barbarossa nel 1162.

Lo stadio, però, non sarà da solo. Vicino, infatti, esiste già un ippodromo, citato dal premio Nobel Ernest Hemingway in 49 racconti e in Addio alle armi, dove descrive anche la strada per arrivarci: «Noi quattro andammo a San Siro in una carrozza scoperta. Era una bella giornata e attraversammo il Parco e seguimmo il tranvai e poi fuori della città dove la strada era polverosa. C’erano ville con le cancellate di ferro e grandi giardini traboccanti di vegetazione, e fossi con l’acqua corrente e orti verdi con la polvere sulle foglie. Attraverso la pianura si vedevano le fattorie e le fertili tenute verdi coi loro canali di irrigazione e le montagne a nord...» Incredibile, sovrapporre queste immagini a quello che si incontra attualmente nella zona.

Creata l’Immobiliare di Lampugnano, Pirelli affida il progetto all’ingegnere Stacchini, il creatore della Stazione Centrale. E l’opera, appaltata alle “Imprese Riunite Fratelli Fadini”, in un solo anno è già pronta, senza polemiche o bustarelle…

Costato cinque milioni di lire, lo stadio viene inaugurato il 19 settembre 1926 da un derby che vede uscire vincitrice l’Inter per 6-3. Nonostante ciò, destino vuole che la prima rete sia realizzata da un milanista dal nome decisamente appropriato: Giuseppe Santagostino.

Più che il punteggio, comunque, sono da ricordare le reazioni entusiastiche di chi partecipa a quel battesimo. La Gazzetta dello sport, ad esempio, così scrive: «Il pubblico è affluito allo stadio con buona riserva di esclamazioni ammirative per le mirabilia che si erano dette e stampate sul nuovo ambiente sportivo. La realtà apparsa ai suoi occhi è stata superiore alla stessa immaginazione... Servizi, accessi, controlli e misure d’ordine erano magnificamente adatti all’opera e alla circostanza. Ogni particolare era amorosamente curato e l’insieme ha letteralmente affascinato gli spettatori».

In particolare, ciò che colpisce i tifosi che si sobbarcano il “viaggio” in tram da Milano, è la modernità dell’opera. Vi sono 7 sette ingressi (che possono diventare 15 nelle grandi occasioni), 2 biglietterie, 3 tribune scoperte e una d’onore che può ospitare 9.000 posti a sedere (e dove si accomoda, per l’occasione, Sua Altezza Reale il Duca di Bergamo). Sotto di essa si trovano gli spogliatoi, una palestra, il bar e addirittura un appartamento di quattro stanze per l’allenatore Sturgess e la sua famiglia.

Il mito di san Siro è dunque iniziato. In seguito, nel 1935, il Presidente Ravasco lo venderà al Comune, che nel 1938-39 collega le tribune ad anello portando la capienza da 30.000 a 55.000 spettatori. Chiuso durante il secondo conflitto mondiale (il Milan gioca all’Arena insieme all’Inter), dal dopoguerra lo stadio ospita entrambe le squadre milanesi e si arricchisce dei popolari (ora secondo anello), aperti il 25 aprile 1956 in occasione di Italia-Brasile 3-0.

Nel 1977, durante un Inter-Juventus, si sentono dei preoccupanti scricchiolii provenire dai popolari e questi ultimi vengono chiusi per tutta la stagione 1978-79. Finita la ristrutturazione, lo stadio viene intitolato al milanesissimo (ma interista) Giuseppe Meazza, vincitore di due titoli mondiali e considerato da molti il migliore giocatore italiano di sempre. Lo stesso anno San Siro è protagonista dell’Europeo 1980 (vi si disputa anche Italia-Spagna 0-0), mentre in occasione dei Mondiali ’90 avviene l’ultima ristrutturazione dell’impianto con la creazione del terzo anello, delle torri esterne e delle altre modifiche (come la nascita delle salette vip) che portano all’attuale estetica.

4 finali di Coppa Intercontinentale (due per parte), 3 di Coppa dei Campioni (di cui una vinta dall’Inter sul Benfica), addirittura l’unica finale di Coppa Italia tra le due squadre meneghine (un 2-0 per il Milan nel 1977): impossibile raccontare tutte le partite storiche che si sono svolte al suo interno. Dove, come si diceva all’inizio, si trova il San Siro Museum che, con i suoi oltre tremila cimeli tra coppe, maglie d’epoca, libri e oggetti vari riguardanti le due squadre di Milano, rappresenta una visita davvero imperdibile. Per i tifosi. Ma anche per gli amanti di questa città, che a san Siro ci vanno raramente o lo osservano si sfuggita passandogli accanto.

Saludi


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