Il primo appuntamento della Rassegna di Poesia contemporanea di Ferrara, tenutosi venerdì 13 gennaio dalle 17 alle 18:30, nella pregiata Sala Agnelli della Biblioteca Comunale Ariostea, è stato molto partecipato: la voce calda del poeta marchigiano Umberto Piersanti ha conquistato parola dopo parola l’attenzione dei presenti. L’intervista è stata condotta da Matteo Bianchi ed Alessandra Trevisan, alternati da letture in versi di Alessandro Tagliati, tratte dalle ultime tre raccolte Einaudi dell’autore – I luoghi persi (1994), Il tempo che precede (2002), L’albero delle nebbie (2008) – con l’accompagnamento delicato dell’arpa di Irene De Bartolo.
L’entusiasmo con cui i ragazzi dell’Associazione Culturale Gruppo del Tasso hanno organizzato lo svolgersi della serata era contagioso. Infatti il Gruppo ha annunciato pubblicamente altre due iniziative, avviate lo stesso venerdì: una maratona in versi della Rassegna sul blog letterario del collettivo Corrente Improvvisa (correnteimprovvisa.blogspot.com), la quale terminerà domenica 12 febbraio con un vincitore; e una colletta di poesie. Quest’ultima insiste sull’idea che la poesia debba essere gratuita e quindi necessariamente alla portata di tutti; una poesia che aiuti la vita presente e favorisca l’accettazione e la condivisione dell’interiorità, nel bene e nel male. Perciò l’Associazione invita tutti i poeti che condividano a spedire una copia della loro ultima raccolta in versi a “Associazione Culturale Gruppo del Tasso, c/o Avv. Giuseppe Cavallari, via Borgo dei Leoni, 79, 44121 Ferrara”, in modo da aprire un nuovo scaffale di poesia contemporanea di cui la cittadinanza estense possa usufruire in Biblioteca Ariostea, che si trova nel Palazzo Paradiso, antica sede quattrocentesca dell’Università, situata in centro città. In questo modo anche le case editrici minori, che non si affidano alla grande distribuzione, risulterebbero accessibili.
Venerdì 3 febbraio si terrà il prossimo incontro con il poeta Giancarlo Pontiggia, stesso posto, stessa ora.
Matteo Bianchi
UMBERTO PIERSANTI
L’albero delle nebbie
Recensione di Patrizia Garofalo
La nebbia come sogno avvolge la poesia dell’autore che, nel percorso della memoria, scopre e offre una lirica nitida, riflessiva, accogliente e vitale. Il ripasso della mappa dell’anima si pone nella lettura dei versi in continuo dialogo con il presente di cui, il passato resta frutto vivo e non ripiegamento melanconico di un tempo che non potrà tornare. Il fremito della vita si dichiara anche in memorie di guerra è il primo bacio,/ dolce, sa di fico,/ non toglie la paura/ ma ti consola/ consola come la vita / che perdura/. Lentamente e in modo avvincente, il poeta “inizia” il lettore ad assaggiare la vita, magari a morderla come scriverà egli stesso parlando di Jacopo
È così che le Cesane diventano luogo d’anima, nostalgie, ricordi e piante, fiori, arbusti, frutti colti nel loro mutare durante le stagioni, nel loro vivere in sintonia ed armonia con la terra che le ha generate e che vergine le ripartorisce ogni anno con stupore e meraviglia. Eppure non è un “quadro di Fattori”; la lirica di Umberto Piersanti; è metafisica nel senso che Schopenauer intese: guardare le cose e gli oggetti ogni volta in modo nuovo, senza mai sentirli usuali ma riscoprirli ogni volta e in “Parerga e Paralipomeni” leggiamo «per avere pensieri straordinari e forse immortali è sufficiente estraniarsi dal mondo e dalle cose per certi momenti, in modo così totale che gli oggetti e i processi più ordinari appaiono nuovi e ignoti, sicché in tal modo si dischiude la loro vera essenza»; «questo è il compito del poeta e del filosofo», chiarirà poi Papini all’Accademia di Firenze. E la poesia del Nostro, mi sento di dire è nebbia che si apre sempre ad uno squarcio più alto di luce, di riverbero, di stupore, di ignoto nelle immagini gelate delle Cesane, nella neve che cade dal ramo e disvela il frutto del cachi, così come il ricordo dei suoi cari, vibrante presenza nei versi dell’autore e quindi della sua vita che non necessita di divertimenti.
Sono fermi i miei cari nella luce/ che dal fosso immobile trapassa/ gli spazi e gli anni,/ sale per i cieli/ ma le figure/ che stanno dentro incise/ non perde o scorda: nessuna dimenticanza ma persistenza anche di odori e contatti di pelle calda: non senti neanche i passi / della madre, / e sul collo gli pendi / t’addormenti la guerra è vivo ricordo ma lascia in primo piano il calore materno.
Alcune liriche bucano il foglio, come Le margherite gialle, quelle alte, alte che non le tocchi con la mano / trapassano la nebbia, dove l’esplosione del giallo, richiama la ricerca del colore e della luce di Van Gogh verso una spiritualità che non conosce tempo.
Jacopo vive, nell’amore del padre, il suo vuoto, la sabbia che gli sfugge dalle mani, diverso, coglie un mondo di silenzio nel quale lo accompagnano gli occhi e l’anima del poeta anch’essi protesi a cercare in alto e percepire la natura , le piante, i fiori, un mondo dove rifugiarsi anche per il poeta–padre che coglie e chiede l’eternità di un giorno le rupi di confine / fitte di muschio scuro, / d’anemoni invernali, /amari, di sola foglia / altro non vedi / dietro il vetro / fissi le cose, / a lungo. / Dentro quest’acqua tiepida / è la sosta / alla fuga dei giorni/alla rapina dei venti / che già sentiamo scendere / dai monti /.prima tu getti il mare nella buca / che capire la vita / le sue gracili gioie, / il suo dolore. Ma la luce resiste / forse non cessa / e t’ubriaca il giorno / fatto eterno / a risarcire / almeno un poco / Jacopo del male.
E tu straniero / anche dentro il mondo non vale solo per Jacopo ma anche per quello “scarto dalla norma” che un poeta vero sempre rappresenta. L’andare dei versi si illumina con l’immagine della neve, dell’acqua dove Jacopo sembra trovare la sua dimensione di benessere che consola un percorso faticoso. Il poeta è lì, in questa luce , quasi riconoscendosi nell’essere solitario di Jacopo, nel suo guardare fuori dal mondo, nel suo esistere nell’acqua ed esprime la necessità di riconoscersi nel figlio come entità presente e viva in un mondo certamente non popolato da poeti…forse Jacopo è un poeta come il padre e sembra vivere nella nebbia che deve filtrare comunque la luce… quasi bramo la luce che discende / quasi mi intenerisce questa stanza/ da un domani faticoso / mi separa; la vita scorre fra gli esili / i tristi esili forse necessari come urlo che morde la vita.
Ora è nera la nebbia / nera ogni foglia / solo una bacca rossa / non la conosco / magari nasce solo in questa selva / di una luce s’accende/ fioca e tenace. / Noi due camminavamo fuori dal tempo
È in questo andare che conosce nell’ossimoro “fioca-tenace”, l’altalena umana di cui il poeta coglie i bagliori più che la drammaticità senza soluzione.
Umberto Piersanti è nato ad Urbino nel 1941 e nella Università della sua città insegna Sociologia della Letteratura.
Le sue raccolte poetiche sono La breve stagione (Quaderni di Ad Libitum, Urbino, 1967), Il tempo differente (Sciascia, Caltanissetta-Roma, 1974), L'urlo della mente (Vallecchi, Firenze, 1977), Nascere nel '40 (Shakespeare and Company, Milano, 1981), Passaggio di sequenza (Cappelli, Bologna, 1986), I luoghi persi (Einaudi, Torino, 1994), Nel tempo che precede (Einaudi, Torino, 2002), L'albero delle nebbie (Einaudi, Torino, 2008) che ha vinto i seguenti premi: Premio Pavese Città di Chieri, Premio San Pellegrino, Premio Giovanni Pascoli, Premio Tronto, Premio Mario Luzi, Premio Alfonso Gatto, Premio Città di Marineo. Nel 1999 per I quaderni del battello ebbro (Porretta Terme, 1999) è uscita l'antologia Per tempi e luoghi curata da Manuel Cohen che ha anche scritto il saggio introduttivo.