Giulia Bolognini
Sic transit annus. Cronache in versi
Prefazione di Francesco Racchetti
VEL editore, 2011, pagg. 40, € 7,00
I testi di Sic transit annus - un volumetto (oso: prezioso) dalla pop copertina pixelata con il bacio “ammesso e concesso” tra Kate e il principe William - sono preceduti da alcuni fermo immagine tratti dai video di YouTube, quasi uno sgranato “fermati e rifletti”, e pur ispirandosi ai dodici eventi clou del 2011, assumono una valenza più ampia, quasi una vettorialità. Per esempio nella poesia “Tobruk, 1911/2011” la guerra in Libia del 2011 evoca quella del 1911-12 e denuncia i cento anni di errori spesi per guadagnarsi quello “scatolone di sabbia”, petrolio e sangue.
Dai sonetti su Fukushima o su “Porta a porta” all’epitaffio per Steve Jobs, nel quale la scomparsa dell’“i-mago” è profetizzata dal “crak-cratere” dello chassis di un mac, alla delicatissima poesia sulla Primavera Araba incarnata dalla blogger egiziana Aliaa Magda, le cronache in versi di Giulia Bolognini sono il miglior viatico per percorrere il 2012.
I punti di vista che offre la raccolta sono due veri contraltari alla nostra indulgenza per il male e al sentimentalismo di circostanza: la pietas, inattesa e forse giustamente estranea alla cronaca “im-poetica”, e l’ironia. Per esempio è meraviglioso vedere quest’ultima in azione nella poesia “Italia 150 / 17 marzo” che descrive le procedure per issare e ammainare il Tricolore, ma il redivivo simbolismo nazionale è temperato dalla locuzione poliglotta (sarà lo spirito dei tempi?) con la quale si apre la flag etiquette: essa tra l’altro prevede che la bandiera non tocchi terra e di notte sia “poi illuminata”… con quale luce, viene da chiedersi. Con una “luce relata ai secoli”, cioè una speranza nuova che leghi tra loro le generazioni (saecula).
La poetessa ci costringe con delicata risolutezza (una specie di parrhesia - franchezza - retorica) verso il suo soggetto, raccontando i fatti con il “linguaggio dei fatti” e con tutti i suoi tic verbali: parole espressionistiche (lo shock dello tsunami in Giappone, lo spread alle stelle); calchi dal lessico giudiziario (azione omicidiaria); anglismi del gossip (il sexy B-side di Pippa) e diminutivi confidenzial/ruffiani della cronaca rosa (Kate, Pippa). Non mancano in questo “idioletto poetico” i neologismi da newspeak orwelliano (i declinisti e i frondisti).
Se quindi lo spunto è la cronaca (lo spread in CRISI/operatori alla finestra, le scoperte scientifiche in CERN: a caccia di neutrini superluminali o il matrimonio “del secolo” raccontato dall’interprete labiale assunto per decriptare le confidenze dei due sposini, in “Just wed” da sindrome da gieffe), e gli strumenti sono quelli di un empatico disincanto, i temi proiettano le nostre aspirazioni di impegno civile.
Le cronache in versi si chiudono, infatti, con la speranza operosa e interessata (nel senso di I care, “Me ne prendo cura”) degli Angeli del fango, i «volontari / che fa rima con precari», che nel novembre scorso hanno aiutato gli alluvionati della Liguria. Per loro – per i giovani che «sono un bene, / si ricordi chi di dovere, / i giovani sono il Levante» - possiamo dire che «la città si è svegliata oggi».
Marco Cavallaro
ITALIA 150/ 17 marzo
Flag etiquette. Non è cosa da poco
conto esporre la bandiera nel giorno
di marzo. Non deve toccare il suolo,
va alzata con vivacità, e d’intorno
vola leggera, mai piatta per gioco.
Il verde all’asta - verde felce - e attorno
il bianco pantone più il rosso scarlatto
del battente. Tre metri per due è grande
però di notte vai poi illuminata,
luce relata ai secoli.
sictransitannus@gmail.com