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Cuba dopo Fidel Castro
Fidel e Raúl Castro
Fidel e Raúl Castro 
17 Agosto 2006
 

 

Cuba sta vivendo un torrido mese di agosto segnato da una mobilizzazione totale delle forze armate, mentre i fratelli Castro non si fanno vedere e l’incertezza regna sovrana. Tra i giornalisti indipendenti circolano leggende metropolitane attorno alla presunta morte di Fidel, si specula sulla sua grave malattia e si fa a gara a chi la spara più grossa. Il 31 luglio Fidel Castro ha ceduto i poteri al fratello e subito sono cominciati a proliferare analisi politiche ricche di dettagli impossibili da comprovare. C’è chi dice che Castro è morto e che il regime nasconde questo fatto per guadagnare tempo e per consolidare la dinastia nella persona del fratello. Altri affermano che la malattia è solo un trucco di Castro per passare i suoi poteri al fratello prima di morire. Altri ancora contraddicono questa tesi e dicono che è pericoloso giocare con il popolo e che è incompatibile con la propaganda eroica sul Comandante inventare un’infermità intestinale. D’altra parte il fatto che il successore Raúl Castro non compaia in pubblico diffonde incertezza. I giornalisti di regime raccontano alla televisione solo buone notizie e augurano a Castro un pronto recupero, ottimismo incompatibile con una delicata operazione su un uomo anziano. Tuttavia, insieme agli auguri di pronto recupero per il Comandante, inviano elogi all’astro nascente Raúl e parlano di Fidel come se fosse morto e la sua opera continuasse nel successore. Un altro elemento incompatibile con la calma apparente è la mobilitazione militare generale: l’esercito e la polizia sono in stato di allerta e sono stati richiamati sia i riservisti che i militari in licenza. All’Avana le strade sono presidiate da un gran numero di poliziotti, in abiti civili e in uniforme, a piedi e in motocicletta, ma questa volta non escono per far retate di jineteras che abbordano turisti. Le discoteche sono state chiuse e il carnevale cancellato, così come sono stati annullati i festeggiamenti per il compleanno di Fidel. Il 2 di agosto ha cominciato a diffondersi la voce di una retata massiccia di oppositori che doveva servire per sedare ogni tentativo di ribellione interna. Una volta di più la propaganda interna si è messa a sventolare il fantasma dell’invasione imperialista come giustificazione allo Stato di polizia. In realtà si tratta di puro terrorismo di Stato per portare al mulino del regime l’acqua del patriottismo. Molti dissidenti democratici, soprattutto i cattolici del progetto Varala, hanno raccomandato la calma per evitare azioni violente. La maggior parte dei cubani non commenta quello che sta accadendo e ha paura di parlare, perché la gente sa bene che nelle situazioni difficili il regime tira fuori il suo volto più spietato.

In questi giorni si è diffusa la notizia che il delicato intervento al quale è stato sottoposto Fidel Castro sarebbe stata una colostomia, forse per asportare un tumore, con successiva creazione di un ano artificiale. La convalescenza di Fidel Castro dovrebbe durare circa un anno, secondo El Nuevo Herald di Miami, quotidiano in lingua spagnola molto diffuso nella comunità cubana della Florida.

Le prospettive politiche del dopo Castro non sono positive perché con Raúl restiamo nell’ambito della continuità e della restaurazione più conservatrice. Il fratello del Comandante è da tempo l’erede designato, solo che ha meno carisma e poca personalità da statista, oltre a non garantire nessuna apertura democratica. Mariela Castro, la figlia di Raúl, sta lavorando molto nel campo dei diritti umani legati alla comunità gay e ai transessuali, ma non crediamo che il padre sia portatore di simili idee progressiste. L’unica via di salvezza per Cuba sarebbe quella segnata dal Progetto Varela (la dissidenza cattolica interna al paese): apertura democratica, libere elezioni, attenzione verso i diritti civili, il tutto accompagnato da uno sviluppo economico che favorisca la libera iniziativa privata. A Cuba va ridotto lo statalismo accentratore che ha portato solo danni e una società piena di contraddizioni dove chi lavora per lo Stato non ha nessuna certezza, ma deve inventare il modo per campare. In economia Raúl è statalista al cento per cento e vede con occhio benevolo il modello cinese all’interno di una società formalmente comunista, ma di fatto autoritaria e repressiva. Il partito comunista cubano, in questa nuova situazione, assumerebbe un ruolo molto importante e il governo risulterebbe spalmato su diverse figure che stanno lottando per guadagnare la loro fetta di potere. Raúl Castro resta il capo designato, ma non avrà mai lo stesso potere assoluto del fratello e dovrà contentarsi delle forze armate. Non ci sono grandi speranze che la dittatura cubana faccia un passo indietro rispetto a uno Stato di polizia che ha già raggiunto livelli di guardia. Una maggior partecipazione al potere da parte del partito comunista può solo aumentare burocrazia, statalismo e autoritarismo. D’altro canto pure il dissenso interno non è tutto da salvare, così come non sono migliori dei governanti cubani coloro che a Miami inneggiano alla morte di Castro come se la loro squadra avesse vinto una Coppa del Mondo. Non sarebbe certo una buona soluzione americanizzare Cuba e rompere in modo traumatico con il passato, perché il cambiamento deve essere graduale, garantendo una continuità e correggendo la rotta dove il regime ha preso una deriva troppo autoritaria. Dobbiamo tenere di conto che la maggior parte della popolazione cubana è nata dopo il 1959 e quindi non vive nel mito della Rivoluzione, ma al contrario ne attende la caduta come un evento auspicabile. L’unico modo per recuperare i giovani alla causa rivoluzionaria sarebbe quello di favorire un’apertura democratica, di incentivare l’iniziativa economica privata e di far capire ai cittadini cubani che sono anche soggetti di diritti oltre che oggetto di doveri. Sarà mai possibile?

 

Gordiano Lupi


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