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Luca Vitali. “Giornalismo e nuovi media” di Sergio Maistrello
30 Dicembre 2011
 

Sergio Maistrello

Giornalismo e nuovi media

Apogeo, pagg. 240, € 15,00

 

Il processo di selezione e di sintesi che dai fatti porta al consumo delle notizie si chiama negoziazione giornalistica. Nel modello classico, quello tipico dei mezzi di comunicazione di massa, la negoziazione è lineare e articolata in tre momenti successivi: ha inizio con le fonti del fatto, passa per il filtro della trattazione giornalistica e, attraverso questo, giunge al pubblico che consuma la notizia. Con il diffondersi dei network digitali, tuttavia, tutti e tre i soggetti – fonti, giornalisti e pubblico – diventano parte integrante dello stesso ecosistema, ugualmente rappresentati e ugualmente abilitati a ricevere e pubblicare informazioni.

I giornalisti oggi continuano a svolgere il proprio ruolo, ma devono imparare a farlo in un contesto completamente nuovo, dove non possiedono più alcuna esclusiva ad informare e dove interagiscono a doppia via di comunicazione con tutti gli altri due soggetti della catena di produzione di senso.

Aumentano di conseguenza anche le variabili che incidono sui criteri di negoziabilità di un fatto (ciò che rende un fatto trascurabile piuttosto che degno di pubblicazione o approfondimento). Questo anche perché oltre all’evoluzione del contesto sopra evidenziato va considerata anche la nuova abilità dei destinatari, che non sono più massa passiva, ma individui senzienti e interattivi. L’informazione è molto più rapida e meno controllabile che in passato e la testata giornalistica (cartacea o on-line) oggi è solo uno dei possibili “nodi”, talvolta incidentale, nell’accesso alla conoscenza.

Il giornalista può ancora rendersi utile, ma deve riposizionarsi, deve reinventare il proprio ruolo e ripartire dalla mediazione giornalistica, dal metodo di lavoro, dagli strumenti professionali a sua disposizione per produrre sintesi, senso, percorsi, approfondimento. Deve essere in grado di interagire in modo reticolare con la sovrabbondanza di informazioni disponibili sul web: oltre che al “prodotto” deve interessarsi al “processo”. L’obiettivo professionale ultimo sarà quello che il lettore non comperi il giornale ma la capacità di un giornalista di fare ordine nell’attualità in modo professionale, non in alternativa, ma semmai in simbiosi col filtro collettivo di internet.

Non c’è motivo per cui la logica collaborativa della Rete, che produce valore distribuendo attenzione verso chi produce contenuti interessanti, non debba valere anche in campo giornalistico. Filtrare materiale interessante e segnalarlo ai propri lettori, persino se prodotto da un diretto concorrente, è il classico gioco a guadagno condiviso che porta valore a tutti i soggetti coinvolti: dall’autore del contenuto selezionato, perché riceve visibilità che altrimenti non avrebbe avuto; a chi lo ha segnalato, perché nel fornire un servizio al proprio lettore si accredita come luogo di riferimento per trovare materiale di qualità; e infine al lettore, che incrementa l’opportunità di trovare informazioni di suo interesse.

Limitarsi ad inserire articoli su un sito può non essere più sufficiente: serve che qualcuno interagisca con quei contenuti, dando loro una spinta verso i circuiti di condivisione e di commento diffuso. I giornalisti vanno su Twitter e su Facebook per dire ai lettori di andarsi a leggere l’articolo sul sito: è un inizio, il circolo virtuoso comincia da lì. Il passo successivo, tuttavia, è iniziare a considerare il proprio prodotto come un fluido, in grado di scorrere lungo ogni genere di tubatura e di adattarsi ai contenitori più diversi (carta, etere, bit e reti mobili, internet). Il problema è che quel fluido (cioè l’informazione) è come l’acqua, cioè un principio vitale difficile da far pagare, soprattutto se lasciata libera di scorrere in tutti i rubinetti. A meno che il giornalista e le testate, grazie alla reputazione acquisita, non trovino un pubblico disposto a farsi imbottigliare l’acqua e a farsela pagare come acqua minerale. L’acqua minerale rappresenta quindi il vero prodotto della professione giornalistica.

 

Liberamente tratto dal libro Giornalismo e nuovi media di Sergio Maistrello. Ne consiglio a tutti la lettura.

 

Luca Vitali


 
 
 
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