I parti cesarei vengono considerati molto spesso come un insieme unico, per cui se da un lato sarebbe auspicabile che la componente dei parti cesarei fosse sempre corretta per il risk adjustment (per le variabili materne ed altri caratteri di rischiosità), dall’altro non appare adeguato il limitarsi a sottoinsiemi peraltro omogenei e quindi più comparabili (come i “primi cesarei” oppure come l’indicatore NTSV, riferito alle gravidanze primipare, parto a termine, non gemellare, di vertice) in quanto forniscono una visione parziale e potenzialmente distorta dell’intera problematica.
A mio avviso, tutti i certificati di Assistenza al Parto (CEDAP) dovrebbero riportare correttamente la distinzione fra tagli cesarei “fuori travaglio non urgenti” o “di elezione”, tagli cesarei “fuori travaglio in condizioni d’urgenza” ed infine tagli cesarei “in travaglio”. Considerato che manovre ostetriche, come la Kristeller, particolarmente rischiose e sconsigliate a livello internazionale, siano ancora così presenti nel nostro paese, senza però venir riportate nella cartella clinica e quindi pesantemente sottostimate dalle rilevazioni ufficiali (in Toscana nel periodo 2003-2010 risulta una frequenza del 9% circa, a fronte di un valore prudenziale di almeno il 40%). Per queste ragioni, ho rivolto con il collega Marco Perduca un'interrogazione al Ministro della Salute, per sapere:
- se il Ministro non ritenga auspicabile promuovere una indagine epidemiologica ad hoc del tipo caso-controllo, mirata ad accertare se sussista un preciso ed inequivocabile nesso di causa-effetto fra l’effettuazione della manovra di Kristeller e la presenza di danni o sequele per la puerpera e/o il neonato.
Donatella Poretti
Qui il testo dell'interrogazione