La parola “liberalizzazioni” è una delle parole chiavi di questi giorni di consultazioni in vista del possibile nuovo Governo. Le liberalizzazioni che ci sollecita da tempo l’Unione Europea, le liberalizzazioni che stanno nelle raccomandazioni e nei pareri dell’Antitrust, le liberalizzazioni che fino ad oggi il Paese non ha voluto fare. Le liberalizzazioni su cui come Radicali abbiamo fatto troppo spesso la parte del grillo parlante: che dice ciò che va detto, ma che le orecchie dell’interlocutore non vuol ascoltare.
E per spiegarsi con un paio di esempi basti guardare ai provvedimenti incardinati, e in alcuni casi votati, in questo Parlamento con la quasi unanimità dei gruppi e che riguardano dalla professione forense facendo arretrare l’Italia in epoca prefascista, alle farmacie cercando di svuotare le riforme della scorsa legislatura, dai libri stabilendo per legge prezzi e sconti fino all’istituzione di nuovi ordini decidendone la nascita di una ventina in materia sanitaria e infermieristica.
Come radicali abbiamo sempre cercato di fare la nostra parte riuscendo in alcuni casi a fermare o rallentare l’iter di alcuni di questi provvedimenti o in altri casi a denunciarne l’assurdità in perfetta solitudine. Abbiamo rilanciato le liberalizzazioni in ogni manovra economica, anche cercando soluzioni semplici a problemi apparentemente complessi come l’accesso alla professione forense per i patri canti avvocato che dopo sei anni decadono e non possono più esercitare.
Nell’ottica fino ad oggi dei provvedimenti parlamentari c’era un occhio di riguardo per gli ordini e le corporazioni, e briciole per l’utente e il consumatore cui al massimo si guardava come un panda da salvaguardare. Senza pensare ad organizzare una società più libera e ad un mercato fatto di leggi da rispettare ma non imbrigliato negli interessi di chi già c’è contro quelli di chi vuol entrare.
La strada è lunga, ma se qualcuno la vuole fare, ci saremo.
Donatella Poretti