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Rocco Del Nero. Come e quando accorgersi di essere finiti in Australia 
Vademecum per viaggiatori distratti
Sydney
Sydney 
22 Novembre 2011
 

Può capitare a tutti, dal viaggiatore occasionale a quello più intraprendente ed esperto, di sentirsi un po' disorientato. Perché nel mondo del 2011 cambiano latitudini e longitudini, cambiano bandiere e colori, ma un gran numero di cose non cambiano di molto. Mi riferisco al mondo bianco, di cultura anglosassone o latina, cresciuto con il boom industriale del dopoguerra, che si ferma davanti alla TV, comprata in un qualsiasi centro commerciale e pagata con una qualsiasi carta di credito di una delle mille banche le cui pubblicità infestano quelle stesse televisioni, messe insieme da un operaio cinese o vietnamita che quella televisione che gli riempie le giornate non se la può nemmeno permettere. Questa fetta di mondo, quello occidentale chiamiamolo così per comodità, è tutto così simile e privo di sorprese che anche il viaggiatore più esperto rischia di perdere la bussola. Immaginatelo mentre cammina, zaino in spalla e pochi spiccioli in tasca, ai margini di, per esempio, una strada trafficata di periferia, con supermercati sul lato destro, capannoni con la scritta affittasi sul lato sinistro, asfalto nero ai piedi e un cielo grigio carico di polveri sottili sopra la testa spettinata. Immaginatelo guardarsi attorno, con la barba incolta e e le scarpe consumate. Immaginatevi di passare di lì, inquadrarlo e in un istante scattare una fotografia. Bene, quella foto potrebbe essere stata scattata ovunque, in una qualsiasi periferia: Valtellina, Londra, Madrid, Singapore, Johannesburg, Chicago, Sydney.

Chiamatela globalizzazione, chiamatelo terzo millennio, chiamatelo il mondo nell'epoca della sua riproducibilità tecnica. Chiamatelo come volete, ma è davvero di prima importanza mettere le cose in chiaro e fissarsele bene in testa, riducendo così il rischio di camminare tra le strade di Sydney o Melbourne e pensare di girovagare sulla statale 36 tra una rotonda, un autoconcessionario e un ipermercato qualsiasi pieno di offerte e raccolte punti.

Ci sono alcune cose, alcuni punti chiave, che azzerano pressoché totalmente questo rischio. Perché non è simpatico dover stare su un aereo 24 ore, andare dall'altra parte del mondo, nel nuovissimo continente e scoprire che le cose non sono poi così diverse da una qualsiasi altra città.

 

Punto 1

Il cielo.

Allora, mettiamola così. Siete arrivati in Australia dopo un'agonia di 24 ore su un aereo in cui si parlava principalmente arabo, i sedili erano troppo stretti e i pasti serviti non sufficienti a colmare nemmeno un quindicesimo del vostro fabbisogno calorico quotidiano. Basta con quei musi lunghi. Come minimo dovreste consolarvi al pensiero che i primi voli che collegavano l'Europa con l'Australia, negli anni quaranta, duravano una settimana. Si partiva da Londra, si attraversava l'Italia in treno a causa del blocco dello spazio aereo voluto da Mussolini, si continuava cambiando una quarantina di aerei prima di arrivare all'aeroporto di Sydney. Sempre se si arrivava, perché dopotutto, tra monsoni, cicloni, perturbazioni varie non era scontato arrivare sani e salvi dall'altra parte del mondo. Oggi tutto procede serenamente e si può anche perdonare la scarsa selezione di birre in bottiglia presente a bordo o il bambino che piange ininterrottamente per ore dietro il vostro sedile.

Il cielo australiano vi darà il benvenuto nel nuovissimo continente. Da queste parti il cielo è qualcosa di unico, un'attrazione turistica e un severo compagno di viaggio. Il cielo in Australia è diverso da qualsiasi altro cielo. Sempre. È incredibilmente blu quando è blu, è stracolmo di nuvole quando è nuvoloso, sa riversare drammatiche quantità di acqua per settimane durante la stagione delle piogge, per fare poi spazio a un sole tremendo, che non ti dà scampo e dal quale bisogna difendersi spalmandosi grandi quantità di apposite creme solari dalla consistenza simile alla maionese. Ed è grande. Il cielo australiano è immenso. Non potete sbagliarvi, il cielo è il biglietto da visita dell'Australia, le albe e i tramonti, da vedere sdraiati in spiaggia o nelle distese vuote dei deserti, è quanto di meglio questo paese possa offrirvi. È lo spettacolo quotidiano del tempo che passa, del giorno che nasce e che muore, della terra che ruota. È lo spettacolo più antico del mondo e quello che probabilmente durerà più a lungo. È gratis, è accessibile a chiunque, non richiede abbonamenti al digitale terrestre né chiede di pagare il canone RAI.

C'è da perdersi qui in Australia, nelle sue lunghe strade senza fine o, più semplicemente, c'è da perdersi guardando in alto nel cielo.

 

Punto 2

La lontananza.

Sembra davvero che nessun posto sia così lontano. Un'isola nazione remota, isolata per l'appunto, difficile da raggiungere, dove tutto gira al contrario: la guida in macchina, le stagioni, il giorno e la notte, l'acqua che scende dai rubinetti. Qui siamo lontani, qui si è alla fine del mondo. Se guardo in giù non vedo niente se non il Polo Sud e qualche isola disperata.

Il concetto di lontananza qui non solo ha a che fare con la geografia, ma è qualcosa di più completo. In alcuni posti, quelli più remoti dell'interno, la lontananza è totale. Distese di migliaia di km quadrati, senza copertura telefonica, senza nessuno che possa venderti una bottiglietta di acqua, nessuno che sappia lontanamente di cosa parli se parli dei freddi inverni nei prati sopra Albaredo. Qui i giorni sono sempre uguali, l'uno all'altro, da sempre. Sole cocente, terra secca e arida, non un filo di ombra. L'unico diversivo possibile è fermarsi a fare benzina. Questi sono posti lontani, dove il mondo non arriva e nemmeno arriva la nostra comprensione fatta di arroganti nozioni tecnico-scientifiche. Come può esistere d'altronde un posto come Uluru, l'Ayers Rock, un monolite rosso fuoco che si innalza improvviso e solitario nel mezzo dell'incredibilmente vuoto e piatto interno? Come può esistere il Nullarbor Plain, un'area grande quattro volte il Belgio senza un filo d'ombra?

Così come sono lontane le spiagge di Cape Tribulation, dove i primi uomini bianchi sbarcarono quasi 250 anni fa, e da allora tutto è rimasto così: sabbia bianca, palme verdi, coccodrilli stesi al sole e il rumore assordante e continuo delle onde. Questi posti hanno visto nascere e morire i dinosauri e tutto è rimasto pressoché così, poco o niente è cambiato da quando mandrie di feroci tirannosauri scorrazzavano tra le foreste in compagnia di enormi brontosauri. Quando sei in un paese del genere, con questi posti fuori dallo spazio e dal tempo, di quello che succede là fuori non ti interessa un granché. Non è cattiveria o menefreghismo, ma le vicende della vecchia e malconcia Europa stonano davvero con il perfetto equilibrio dell'ambiente australiano.

Basta aprire un quotidiano qualsiasi per capirlo. Pagine intere con le foto dei campioni di cricket, interviste ai mandriani che gestiscono fattorie grandi come la Lombardia, bollettini meteorologici con le previsioni delle onde migliori del paese per trascorrere un perfetto week end sulla tavola da surf e, infine, da qualche parte nascosta, le vicende tormentate dell'Europa con i suoi discutibili leader politici. No worries mate. Nessuna preoccupazione, amico. Qui siamo in Australia e là fuori sta iniziando un nuovo giorno di sole.

 

Punto 3

La storia.

Alcuni giorni dopo essere tornato a Morbegno dopo un anno trascorso tra Australia, Nuova Zelanda e sud est Asiatico, passeggiavo lungo le sponde dell'Adda. Era una bellissima mattinata di inizio autunno, con un sole ancora caldo e uno splendido cielo blu. Mi guardavo attorno contento e passeggiavo. La mia attenzione venne improvvisamente catturata da un piccolo dettaglio. Mentre salivo il dorso ripido del Ponte di Ganda, con l'Adda che scorreva tranquilla qualche metro più sotto, notai un piccolo cartello con l'iscrizione: «Ponte di ganda, 1778».

Subito mi saltò alla mente un'altra bellissima mattinata. Mi rividi un paio di mesi prima, in una tranquilla spiaggia di sabbia bianca, con la muta slacciata e una tavola da surf sotto braccio. L'oceano quella mattina era scuro e le onde arrivavano all'ultimo momento non lasciandomi nemmeno il tempo di reagire. Travolto dall'acqua, le onde che si prendevano gioco di me per l'ennesima volta. Aggrappato alla tavola da surf con le poche forze che mi rimanevano guardai la spiaggia. Nonostante tutto, quella visione era perfetta e mi sentii incredibilmente vivo: io aggrappato alla tavola, le onde che mi trascinavano in una danza estenuante, il sole che si rifletteva sull'acqua, il bianco della spiaggia, il verde della vegetazione lontana e il sale che che mi bruciava gli occhi. Ero a Town of 1770, paese di un migliaio di anime sperduto lungo l'incredibile costa del Queensland. Paese come ce ne sono centinaia in Australia ma di una notevole importanza per la storia di questa nazione. Town of 1770 si chiama così perché il capitano James Cook con la sua flotta di disperati sbarcò qui nel 1770 trovandosi davanti un'isola incredibile, abitata solo da tribù di indigeni. Qui scesero dalle navi e con un piccolo gruppo di studiosi andarono a fare una passeggiata nei dintorni scoprendo un così alto numero di piante e animali sconosciuti da lasciarli increduli. Ma dove erano finiti? Che razza di terre erano quelle? E chi erano le popolazioni che abitavano quell'isola? Da dove arrivavano?

Era il 1770. Ma abbandoniamo per un attimo la muta e la tavola da surf e torniamo al ponte di Ganda. Ribadisco: costruito sul Fiume Adda nel 1778. Otto anni dopo la scoperta dell'Australia. Non è forse incredibile che qualcosa che per ogni morbegnese è così quotidiano, ordinario, familiare sia stato costruito otto anni dopo la scoperta di una delle isole più grandi del pianeta? Mentre in Australia si cercava di dare nomi ad animali che saltavano invece di correre, qui si costruiva il Ponte di Ganda.

In Australia nulla è più vecchio di 200 anni. A volte è comodo dire che sono paesi senza storia. La storia c'è, eccome. È quella degli aborigeni, una delle culture viventi più antiche oggi ancora esistenti, datata secondo alcuni studiosi sessantamila anni prima di Cristo. La storia c'è, ed è quella dei bianchi, che qui hanno cancellato con un veloce colpo di spugna durato un centinaio di anni la storia millenaria degli aborigeni annullandone lo spirito, cancellandone la cultura, rubandone la dignità. La storia che si racconta in Australia è quella dal 1770 ad oggi. Di quello che è successo prima si sa ben poco. Molto si sta facendo ora per recuperarla grazie a un attento lavoro del governo e di varie associazioni aborigene. Ma la strada è lunga e difficile.

Rimane il fatto che la storia in Australia comincia nel 1770 e racconta di navi di prigionieri che venivano deportati sull'isola australiana perché le carceri del regno inglese erano piene. La storia racconta di mendicanti che sono arrivati in Australia per aver rubato una pagnotta o una cassetta di mele. Era qualche anno dopo il 1770 e a Morbegno si pensava di costruire un ponte che collegasse il paese, la zona produttiva, con le frazioni aldilà dell'Adda, i contadini con i prati da falciare, i campi da arare e le bestie da accudire, così come andava avanti da secoli. In Australia la storia era solo agli inizi.

Quella mattina, mentre salivo il ponte di Ganda, ne ero completamento affascinato. Figuratevi il mio stupore quando, alcuni giorni dopo, un amico mi disse che il Ponte di Ganda esistente oggi è sì datato 1778, ma in realtà si tratta del rifacimento di un ponte esistente già nel Cinquecento.

Sembra a questo punto che la morale della storia sia che ho dovuto andare fino in Australia per accorgermi del Ponte di Ganda. Sì, è proprio così. Ho dovuto attraversare il mondo per accorgermi delle meraviglie che ho sotto la finestra di camera.

 

Questa per me è stata l'Australia, quella che è diversa da un qualsiasi altro paese bianco e occidentale. Si tratta di un paese fenomenale ed unico, che sia chiaro. Città giovani e dinamiche, una società prospera e multietnica, gente simpatica ed accogliente, animali curiosi, spiagge da sogno, montagne e deserti incredibili. Albe e tramonti indimenticabili. Difficile non innamorarsi di questo paese, di Sydney o di Melbourne, o delle innumerevoli città di provincia dove la vita scorre lenta sotto il sole cocente del giorno e illuminata dalle stelle di notte. Un posto lontano, dove le insegne dei negozi sono simili alle insegne sulla statale 36 e i loghi delle aziende hanno gli stessi colori. Nonostante questo, una terra unica.

 

Rocco Del Nero

 

 

Illustrazioni (foto R. Del Nero)

Copertina: L'inconfondibile profilo di Sydney, con l'Opera House, il teatro cittadino aperto nel 1973 e ricavato dalla rimessa dei tram, e il Central Business District: il quartiere degli affari che si affaccia direttamente sull'oceano.

Foto in all. 1: Le interminabili spiagge australiane rappresentano ancora un posto incontaminato; tuttavia onde oceaniche, forti correnti e la presenza in acqua di animali letali, squali e meduse velenose, rendono il mare australiano un posto che può essere decisamente pericoloso.

Foto in all. 2: Ayers Rock, secondo la cultura anglosassone, Uluru, usando invece il linguaggio aborigeno, è un gigantesco monolite che si erge solitario negli immensi territori vuoti dell'outback australiano. È possibile salire a piedi fino sulla sua cima ma è fortemente sconsigliato sia dal governo australiano che dalle popolazioni aborigene. Sono infatti 42 le persone morte nel tentativo di salita, il forte caldo e il terreno scivoloso rendono questa salita meno facile di quello che potrebbe sembrare.


Foto allegate

Le spiagge di Noosa, Queensland
Uluru, Northern Territory
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