Monica Vitti è nata a Roma il 3 novembre del 1931 e sta per compiere ottant’anni, ma da molto tempo non la vediamo in pubblico, protetta dai familiari, in un periodo difficile della sua vita. Il suo vero nome è Maria Luisa Ceciarelli, ma sono in pochi a saperlo, a parte i dizionari di cinema e le enciclopedie pubblicate su Internet. Nasce da una famiglia borghese, frequenta il Pittman’s College, quindi l’Accademia d’Arte Drammatica di Roma, dove nel 1953 si diploma attrice. Monica Vitti è una ragazza alta, bionda, lentigginosa, dagli occhi azzurri, non si considera bella, ma non è vero, perché la sua figura elegante e algida emana sensualità. Dal 1954 al 1957 recita in teatro, dove interpreta alcuni ruoli, prima modesti, quindi sempre più impegnativi: Ifigenia in Aulide, La mandragola, L’avaro, L’isola dei pappagalli e Madre coraggio e i suoi figli, Senza rete, Bella e Amleto. Monica Vitti alterna con disinvoltura personaggi drammatici a caratterizzazioni comico-brillanti, una costante della sua vita artistica.
La svolta decisiva per la carriera della bella attrice romana è datata 1957, quando avviene l’incontro professionale con il grande Michelangelo Antonioni. Il regista ferrarese si innamora - in tutti i sensi - di Monica Vitti, la vuole interprete di opere teatrali come Io sono una macchina fotografica e Scandali segreti. In questo periodo la Vitti recita in teatro anche Ricorda con rabbia e I caprici di Marianna.
Il cinema entra nella vita di Monica Vitti prima come impegno di secondo piano, poi come momento fondamentale della professione. I primi lavori non sono eclatanti, ma modeste commedie di maniera riconducibili al neorealismo rosa: Ridere! Ridere! Ridere! (1954) di Edoardo Anton, Adriana Lecouvreur di Guido Salvini (1956), Una pelliccia di visone (1956) di Glauco Pellegrini e Le dritte (1959) di Mario Amendola. Monica Vitti lavora come doppiatrice, prestando una voce calda e appassionata a Dorian Gray (Il grido) e a Rossana Rory (I soliti ignoti). Michelangelo Antonioni la trasforma in diva e ne fa la sua musa ispiratrice, un modello di donna tormentata, facendola recitare in alcuni lavori fondamentali del cinema italiano, dove esprime il difficile rapporto uomo - donna e l’incomunicabilità tra simili. L’avventura (1960) è il film simbolo della prima parte della carriera di Monica Vitti, che disegna il suo carattere “nevrotico” seguendo alla lettera le indicazioni di Antonioni. Molto bravo anche l’alter ego maschile, Gabriele Ferzetti, che contribuisce a creare una serie di situazioni simboliche per stigmatizzare il male di vivere. L’avventura è un trionfo al Festival di Cannes, che vuol dire notorietà internazionale. Michelangelo Antonioni dirige Monica Vitti anche ne La notte (1961) - Nastro d’Argento come attrice non protagonista -, L’eclisse (1963) e Deserto rosso (1964). Altri suoi film di questo periodo sono: Le quattro verità (1963) di Antonio Blasetti - episodio La lepre e la tartaruga -, Il castello in Svezia (1963) di Roger Vadim e Confetti al pepe di Jacques Baratier.
Monica Vitti continua a fare cinema, ma non vuole limitarsi a recitare parti drammatiche e - come aveva fatto con il teatro - dà alla professione una svolta comico brillante. Si tratta di una decisione epocale, che la impone all’attenzione di critica e pubblico come un’attrice capace di far ridere, un’interprete di un genere fino a quel momento - a parte eccezioni come Franca Valeri - esclusivo appannaggio degli uomini. La donna nella commedia all’italiana prima di Monica Vitti aveva solo un ruolo sexy, mentre la bella attrice romana confeziona molti personaggi tragicomici al femminile. Ricordiamo alcuni titoli: Alta infedeltà (1964) - episodio La sospirosa - di Luciano Salce, Il disco volante (1965) di Tinto Brass, Le bambole (1965) - episodio La minestra - di Francesco Rossi, il fumettistico Modesty Blaise, la bellissima che uccide (1966) di Joseph Losey, Le fate (1966) - episodio Fata Sabina - di Luciano Salce, Fai in fretta a uccidermi… ho freddo! (1967) di Francesco Maselli, La cintura di castità (1967) di Pasquale Festa Campanile e Ti ho sposato per allegria (1967) di Luciano Salce.
La ragazza con la pistola (1968) di Mario Monicelli è il film che lancia definitivamente Monica Vitti come attrice comica. Commedia all’italiana pura che racconta le vicissitudini di una siciliana sedotta e abbandonata a caccia di vendetta nella metropoli londinese. Film che anticipa la lotta per l’emancipazione femminile e molte commedie post 1968, ma che mostra la corda per via di una fiacca prevedibilità. L’antagonista maschile è un buon Carlo Giuffrè, perfetto nel ruolo. Nomination all’Oscar come miglior film straniero. Nastro d’Argento come miglior attrice protagonista. Non è da meno l’ottimo Dramma della gelosia, tutti i particolari in cronaca (1970) di Ettore Scola, che la vede accanto a Marcello Mastroianni, Giancarlo Giannini e Marisa Merlini. Monica Vitti è una fioraia innamorata di un muratore (Mastroianni), gelosissimo di un pizzaiolo (Giannini) che da un po’ di tempo gira intorno alla sua ragazza. Commedia all’italiana aggiornata al feuilleton e al gusto per il romanzo popolare. Monica Vitti comincia a far coppia con Alberto Sordi per una serie di interpretazioni comiche all’interno di film che rendono grande la commedia all’italiana. Tra tutti citiamo Amore mio, aiutami (1969), diretto dallo stesso Sordi, ma anche il nostalgico e sentimentale Polvere di stelle (1973), sul teatro d’altri tempi che non può tornare (chi non ricorda il motivetto Ma ‘ndo Hawaii?), diretto dal comico romano. L’anatra all’arancia (1975) di Luciano Salce è una graffiante commedia all’italiana che spesso deborda in commedia sexy, interpretata da Ugo Tognazzi, John Richardson, Monica Vitti e Barbara Bouchet. Il film è molto teatrale, mostra tutti i limiti di un’opera tratta da una commedia, ma un’icona sexy come Barbara Bouchet e una grande Monica Vitti (Nastro d’Argento come miglior attrice protagonista) salvano tutto.
Monica Vitti nel corso di una lunga carriera vince cinque David di Donatello, sempre assegnati ex aequo con altre attrici, a parte l’ultimo conferito per Amori miei (1978) di Steno, che la incorona migliore attrice della stagione 1978 - 79. Uno dei suoi ultimi premi è l’Orso d’Argento al Festival di Berlino per Flirt (1983) di Roberto Russo, attuale compagno di vita. La Vitti collabora a soggetto e sceneggiatura, ma soprattutto presta volto e carattere a una donna di mezza età in piena crisi coniugale. La routine rende difficile il rapporto tra moglie e marito e allora l’uomo si inventa un’amante immaginaria. Interprete maschile Jean-Luc Bideau. Francesco De Gregori realizza la colonna sonora, uno dei suoi pezzi più gettonati: La donna cannone.
Le apparizioni sul grande schermo di Monica Vitti si fanno sempre più rare, tra queste va citato un poco riuscito ritorno con Michelangelo Antonioni ne Il mistero di Oberwald (1980), dove veste i panni di una regina invisa al popolo. Antonioni usa il film per un esperimento tecnico: girare in video, intervenire elettronicamente sul colore e riversare su pellicola. Non è un lavoro degno del grande regista, una stucchevole storia d’amore tra un rivoluzionario (Franco Branciaroli) e la regina, tra giochi di colori che dovrebbero esprimere i sentimenti dei personaggi.
Altre commedie brillanti interpretate da Monica Vitti non riscuotono grande successo di pubblico: Camera d’albergo (1981) di Mario Monicelli, Il tango della gelosia (1981) di Steno, Io so che tu sai che io so (1982) di Alberto Sordi, Scusa se è poco - episodi Gli ultimi cinque minuti e Trenta minuti d’amore (1982) di Marco Vicario. Le ultime prove d’attrice di Monica Vitti sono dirette dal compagno Roberto Russo: Flirt (1983) e Francesca è mia (1986). Scandalo segreto (1990) è il suo ultimo film, dove oltre a recitare debutta alla regia con risultati modesti, lasciando all’occhio della macchina da presa il compito di raccontare una crisi coniugale. Soggetto e sceneggiatura sono di Roberto Russo.
Monica Vitti resta una grande attrice brillante e drammatica, di cinema e di teatro. Ricordiamo altre interpretazioni teatrali come Dopo la caduta (1964), diretta da Franco Zeffirelli, La strana coppia (1986), di Franca Valeri - con Rossella Falk -, e Prima pagina di Giancarlo Sbragia. Non manca la televisione nella carriera di Monica Vitti, dove appare fin dagli albori in commedie come Questi ragazzi (1956), Fermenti (1957), La tredicesima sedia (1958), L’imbroglio (1959), Le notti bianche (1962) e Il cilindro (1978). Partecipa a diversi sceneggiati televisivi di successo come L’alfiere (1956) e Mont Oriol (1958), oltre a molti spettacoli di varietà e intrattenimento come Mille volti di Eva (1978), La fuggidiva (1983) - scritto da lei stessa - e Passione mia (1985), un omaggio al cinema diretto da Roberto Russo. Monica Vitti la vediamo anche nello sceneggiato televisivo Ma tu mi vuoi bene? (1982), di Marcello Fondato, al fianco di Johnny Dorelli. Conduce “Domenica In” dal 1994 al 1996. Nel 1995 riceve il Leone d’Oro alla Carriera, momento importante che segna una lunga storia d’amore con il cinema. Monica Vitti trova il tempo per scrivere anche due buoni romanzi: Sette sottane e Il letto è una rosa. «Scrivere è libertà assoluta. Un foglio di carta, una penna, gli appunti… Ho scoperto la pace, il silenzio, la felicità», dice in un’intervista. Nel 2000 sposa in Campidoglio Roberto Russo, fotografo di scena, ultimo amore della sua vita dopo il regista Michelangelo Antonioni e il direttore della fotografia Carlo De Palma. «Con Roberto siamo amici, fratelli, amanti, compagni di giochi, antagonisti… Roberto è segreto, attento, intelligente e sottile, scopre da un mio sguardo, da un gesto, quello che penso», afferma in un’intervista. Proprio Roberto Russo le sta vicino e la protegge nei lunghi anni della malattia, quando deve ritirarsi dalle scene, dimostrandosi compagno fedele e amorevole.
Gordiano Lupi