Non ci sono più soldi per gli anziani. La Toscana è troppo vecchia, e la Regione non può sacrificarsi oltre: «[...] Siamo un Paese che fa fatica a crescere e non possiamo illuderci di trovare nuove risorse a breve […] nell'immediato non ci sono altre soluzioni […]» (intervista rilasciata a Repubblica di Firenze, 23 ottobre 2011 p. V). È de 23 ottobre la dichiarazione dell'assessore regionale toscano alla salute, Daniela Scaramuccia (foto), che annuncia che dal prossimo anno le famiglie delle persone anziane dovranno accollarsi anche le spese della quota sanitaria per la degenza in RSA dei propri cari.
L'assessore ritiene ingiusto che i parenti delle famiglie paghino “solo” la quota sociale (che oggi in Toscana si aggira intorno ai 1.500 euro al mese): le famiglie toscane dovranno impegnarsi di più. Economicamente si intende. Ed ecco la trovata: anche la quota sanitaria sarà a carico della famiglia. Non sono ancora noti i dettagli, né come la Regione intenda strutturare un simile obbligo. Quel che è certo è che un simile obbligo violerebbe il principio di finanziamento pubblico dei LEA (Livelli essenziali di assistenza) e scaricherebbe sulle famiglie oneri a carico del Servizio Sanitario Regionale.
Non si tratta -ad avviso di chi scrive- di equità sociale, né di far pagare di più ai “ricchi”. La regione vorrebbe replicare quanto già stanno facendo i Comuni rispetto alla quota sociale: determinarla secondo l'Isee non del solo malato, ma anche del coniuge e dei figli. Risultato medio oggi: ad ogni anziano vengono richiesti 1.500 euro circa al mese a fronte di un reddito di 800/900 euro. Il resto (grazie all'Isee “allargato”) lo mettono i parenti. Avere due genitori anziani ricoverati in RSA è diventata roba da privilegiati: 3.000 euro al mese di sola quota sociale. Porre a carico delle famiglie anche la quota sanitaria raddoppierebbe questi costi: 3.000 al mese per una persona ricoverata, 6.000 per due...
L'assessore toscano prospetta una riforma incostituzionale, che viola il diritto alla salute garantito dall'art. 32 della Costituzione nonché l'art. 117, comma 2 lett. m) e comma 3, secondo il quale la determinazione dei Livelli essenziali di assistenza spetta allo Stato e la legislazione regionale in materia di tutela della salute è concorrente a quella statale, ragion per cui la potestà legislativa delle Regioni trova un limite nelle leggi-quadro o leggi-cornice statali.
Una riforma che andrebbe contro le sentenze del Consiglio di Stato che ci hanno dato ragione, nonché all'indomani di una importante vittoria conseguita dalla nostra associazione sul Comune di Livorno che, dopo una serie di iniziative anche drammatiche, ci ha dato ragione stabilendo che la propria amministrazione si deve far carico delle quote sociali.
Ove mai una simile riforma venisse realmente attuata, essa calpesterebbe i diritti di una delle categorie di cittadini più deboli, gli anziani non più autosufficienti.
Ove mai ciò accadesse, chiederemo l'intervento del Governo, affinché prenda in mano la situazione e si sostituisca agli organi regionali per tutelare i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili (art. 120 della Costituzione italiana: «Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali [...] ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali») e affinché promuova questione di legittimità costituzionale della eventuale legge regionale.
Qui il nostro canale web di informazioni sulle Rsa
Emmanuela Bertucci, legale Aduc