“Ragazzi, oggi offro io!”, annuncia compiaciuto nella stanza vuota: “Ah, ah, non c’è nessuno”. Carrellata sul nuovo distributore automatico: “La pausa caffè più divertente del mondo. E vinci fantastici premi”. Sul sito del Corriere della sera questo spot – intercambiabile con la pizza precotta, il totoscommesse, le scarpe nuove e la carta di credito – precede il video web dedicato alla cattura del raìs libico: “Attenzione. Le immagini che seguono potrebbero urtare la vostra sensibilità”.
Esterno giorno.
Una torma di energumeni su sfondo giallo oro (è la sabbia del deserto) gesticola intorno a un signore di una certa età, scarmigliato, ansimante, sporco di sangue. Gli stanno dando una manica di legnate.
Pochi mesi fa quel signore ha assoldato accolite di picchiatori mercenari stranieri contro il popolo che protestava per il costo del pane. Dopodiché gli ha scatenato addosso l’aviazione militare con l’ordine di bombardare i manifestanti. Ne è conseguita un’insurrezione. Lui ha definito “ratti” gli oppositori e si è poi asserragliato nei suoi bunker fino all'arrivo degli insorti, ieri l'altro.
In teoria, si dovrebbe fare fatica a compatirlo, questo signore finanziatore di terroristi e torturatore di migranti. Ma adesso anche lui è solo un uomo. Un uomo solo.
L’immagine salta di palo in frasca. Una mano, un cingolato, torsi assortiti in rapido movimento, gli zigomi smaltati di tracce ematiche, il pizzetto, il muto terrore nell’occhio di gran boia giunto al capolinea del suo macello. Lo stanno linciando. Gli ululati ossessionano l’aria già ribollente di suo.
Salve di mitra. Insulti. Sputi. Torture.
Il signore offre oro in cambio della vita. Davvero la vita di Muammar Gheddafi vale tanto oro quanto pesa? No. Ne vale molto di più. Ma anche il silenzio è oro. E, così, il colonnello viene platealmente silenziato sotto le telecamere web. Il mondo assiste in presa diretta la fine del gran Creso di tutte le Tripolitanie, uomini tra i più ricchi del mondo, i cui favolosi conti in banca sono contesi da ogni paradiso fiscale degno di questo nome.
I suoi tesori lo hanno abbandonato proprio nel momento più difficile.
Meno di un anno fa i potenti della Terra stavano all’entrata della sua tenda in fila per essere ricevuti: capi di stato e di governo aderivano a ogni suo desiderio prima ancora che venisse desiderato, gli giuravano eterna amicizia, gli baciavano le mani con al seguito veneri dell’Olimpo, ministri, elefanti, crocerossine, strateghi, cammelli, cortigiane, grandi sacerdoti, amazzoni, manager e zebre. Financo le zebre!
Ora il “Leader fraterno”, la “Guida della Grande Rivoluzione di Libia”, l'ex azionista Fiat, l’augusto “Re dei Re” (titolo a pagamento), adesso costui si acquatta sulla sabbia tra calci e pugni e insulti. Come un cane.
Dissolvenza.
Scompaiono le grida e tornano i consigli per gli acquisti. Il videomassacro s’interrompe prima del colpo di grazia. La gente guarda il Grande fratello 13. Sembra che gli abbiano sparato con una pistola d'oro in pancia (prima versione). Oppure in testa (seconda versione). La gente balla. Il processo di fronte alla corte internazionale per i crimini di guerra non avrà luogo.
Il silenzio è oro.
La gente cambia canale e si fa quattro risate con Scilipoti e Berlusconi che cantano: “Stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte, l’Italia chiamò”. Sul podio del Movimento Responsibilità Nazionale campeggia un Tao bianco rosso e verde: “Cristiani, patria e famiglia”.
Rataplam.
La missione Nato finisce il 31 ottobre. A voler essere pignoli, il mandato militare conferito dal Parlamento della Repubblica alle truppe italiane era già scaduto il 30 settembre. Formalismi costituzionali.
Prima bisogna finire i compiti.
Poi la pausa caffè più divertente del mondo. E vinci fantastici premi. Ragazzi, oggi offro io.
Ah, ah, non c’è nessuno.
Andrea Ermano
(da L'Avvenire dei lavoratori, newsletter 23 ottobre 2011)