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Paola Mara De Maestri. Addio ad uno degli “ultimi” grandi della poesia del Novecento
19 Ottobre 2011
 

Se n’è andato all’età di novant’anni Andrea Zanzotto, uno dei grandi poeti del Novecento, più volte vicino al Nobel per la letteratura. Era nato a Pieve di Soligo il 10 ottobre 1921, in Veneto. Come afferma il nostro Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, «La terra veneta e l'Italia perdono un grande figlio, un interprete sensibile dell'esperienza di vita e dei sentimenti del suo popolo, una personalità civilmente impegnata nella difesa del patrimonio culturale e dei valori nazionali della nostra Italia».

Ho avuto l’onore di avere una breve corrispondenza con Zanzotto qualche anno fa e quindi la notizia della sua scomparsa mi ha toccato particolarmente, come credo tutto il mondo della cultura. Come ho già avuto modo di dire, ritengo che il modo migliore per ricordare un poeta, sia la poesia. Quindi propongo qui di seguito due dei suoi più noti componimenti, rimandandovi comunque alla lettura di altre sue poesie. Addio maestro! (Paola Mara De Maestri)

 

 

 

 

Esistere psichicamente

 

Da questa artificiosa terra-carne

esili acuminati sensi

e sussulti e silenzi,

da questa bava di vicende

- soli che urtarono fili di ciglia

ariste appena sfrangiate pei colli -

da questo lungo attimo

inghiottito da nevi, inghiottito dal vento,

da tutto questo che non fu

primavera non luglio non autunno

ma solo egro spiraglio

ma solo psiche,

da tutto questo che non è nulla

ed è tutto ciò ch'io sono:

tale la verità geme a se stessa,

si vuole pomo che gonfia ed infradicia.

Chiarore acido che tessi

i bruciori d'inferno

degli atomi e il conato

torbido d'alghe e vermi,

chiarore-uovo

che nel morente muco fai parole

e amori.

(Da Vocativo, 1957)

 

 

 

L'attimo fuggente”

 

Le front comme un drapeau perdu”

Ancora qui. Lo riconosco. In orbite

di coazione. Gli altri nell'incorposa

increante libertà. Dal monte

che con troppo alte selve m'affronta

tento vedere e vedermi,

mentre allegria irrita di lumi

san Silvestro, sparge laggiù la notte

di ghiotti muschi, di ghiotte correntie.

E. E, puro vento, sola neve, ch'io toccherò tra poco.

Ditemi che ci siete, tendetevi a sorreggermi.

In voi fui, sono, mi avete atteso,

non mai dubbio v'ha offesi.

Sarai, anima e neve,

tu: colei che non sa

oltre l'immacolato tacere.

Ravvia la mia dispersa fronte. Sollevami. E.

È questo il sospiro che discrimina

che culmina, “l'attimo fuggente”.

È questo il crisma nel cui odore io dico:

sì, mi hai raccolto

su da me stesso e con te entro

nella fonte dell'anno.

 

(Da IX Ecloghe, 1962)


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