Cerco di tenere fermo il cammino anche in una situazione ormai indecente, nella quale un governo battuto, invece di dimettersi “interpreta” i voti, insomma da vomito. Il pericolo è che l'indignazione popolare di fronte a una situazione che peggiora di continuo, senza indicazioni e risposte, dia luogo ad esplosioni di rabbia incontrollabile ed esca dalla legalità, esponendosi a repressioni selvagge. Occuparsi in queste circostanze di interrogare le espressioni di insofferenza, di protesta e di attesa è opera politica propriamente democratica e comporta innanzitutto l'uso di un linguaggio chiaro e preciso, che cominci a chiamare le cose col loro nome, e usi una capacità di giudizio aperto verso le potenzialità dei movimenti, non di accanimento analitico quasi bizantino sulle loro piattaforme. Insomma le cose da fare sono molte a cominciare dal chiamare la crisi per quello che è, crisi capitalistica strutturale e globale, il che comporta che ci si attrezzi per un mutamento di cultura politica di dimensioni enormi: è finita un'epoca, che non porterà il nome di Berlusconi, modesto personaggio di terza fila, ma un'epoca che ha visto l'affermarsi degli stati democratici e delle forme della democrazia rappresentativa e del lavoro industriale, e la risposta del movimento operaio ecc. Per questo ogni sforzo volto altrove è doppiamente pericoloso e meschino.
Quando posso vedo dopo il Tg3 di mezzogiorno la trasmissione che da anni è diretta da Augias ed è per lo più di assai buon livello. Ieri mi sono molto felicitata con me stessa, dato che l'illustre conduttore annunciava che la trasmissione sarebbe stata dedicata alla scuola. Si tratta di una istituzione cruciale, del luogo deputato alla trasmissione organizzazione diffusione della cultura, formazione della cittadinanza ecc. ecc. Gli esperti invitati erano Ernesto Galli della Loggia e Aldo Schiavone, due nomi di gran peso. Sono rimasta molto delusa e anche impaurita. I due sembrano parlare in aria: proponevano diseguaglianza, selezione, riduzione della democrazia. Della Loggia ha detto che il Classico va bene così com'è, tutti e due hanno sostenuto la gerarchia, addirittura vorrebbero che la scuola non si occupi del lavoro e che non si impegni per l'eguaglianza, che non è democratico perseguire. La parola “ragazza” non è mai stata pronunciata.
Insomma i due parlavano come se il primo articolo della Costituzione non ponesse il lavoro a fondamento della Repubblica, e il terzo non facesse carico alla Repubblica appunto di “rimuovere gli ostacoli” che impediscono l'eguaglianza ecc. Sono rimasta basita. Non sanno nemmeno che il famoso articolo 3, uno dei più originali, fu proposto e sostenuto proprio dalle donne della Costituente, che sapevano bene che affermare una astratta uguaglianza come quella detta all'art. 2 non basta e resta sulla carta, se non c'è un continuo processo di suo allargamento e verifica e costruzione. E l'istituzione scuola pubblica è adatta a fare questo cammino, a far diventare vera l'uguaglianza, ad allargare la scuola, l'insegnamento, il diritto allo studio a un numero di persone sempre più largo, proprio per vincere il privilegio. Mi è sempre sembrato insieme ridicolo ed espressivo di un privilegio del denaro l'articolo in cui si dice che tutti, se meritevoli, anche i non abbienti, hanno il diritto di accedere ai gradi più alti, ammettendo che chi invece ha i soldi ci arriva comunque pur se immeritevole. Si mescolano in alcuni articoli di una Costituzione mirabile intrecci tra vecchio e nuovo, spiace che illustri intellettuali vadano a sostenere il vecchio.
Lidia Menapace