Il governo cubano li chiama “i cinque eroi prigionieri dell’Impero”, gli statunitensi si limitano a definirli agenti segreti colpevoli di spionaggio internazionale. In ogni caso qualcosa si sta muovendo tra Cuba e USA, perché sembra che questa annosa questione stia per trovare una soluzione. René González sarà il primo dei cinque agenti cubani arrestati nel 1998 a uscire di prigione, ma non potrà rientrare a Cuba, perché dovrà scontare tre anni in condizione di libertà vigilata. Questa ulteriore manovra cautelare ha indignato il governo cubano, che pretende la liberazione incondizionata dei cinque agenti, dopo tredici anni di prigionia. González potrà scontare i tre anni di pena supplementare in qualsiasi località degli Stati Uniti. I suoi compagni di sventura - Gerardo Hernández, Ramón Labañino, Antonio Guerrero e Fernando González - sono stati condannati a pene detentive molto più lunghe e per il momento resteranno reclusi. Di solito i condannati stranieri vengono estradati nel paese di origine, al termine della pena detentiva, ma René González è nato a Chicago e possiede la doppia cittadinanza, cubano-americana, quindi dovrà restare negli Stati Uniti.
Fidel Castro, in una 'Riflessione' pubblicata su Granma il 29 settembre scorso, si è detto indignato del comportamento nordamericano. Il governo cubano chiede con forza il rientro in patria di una persona che definisce “un eroe della Rivoluzione”. Castro ha scritto: «Il governo statunitense protegge mostri come Posada Carriles e Orlando Bosch, che hanno organizzato attentati e ucciso persone, mentre obbliga René a restare in una nazione che non punisce i veri assassini».
Alcuni congressisti repubblicani, invece, si sono detti preoccupati per la liberazione di René González, definito “un nemico degli Stati Uniti”, alla stregua del regime che serve, patrocinatore del terrorismo.
Se leggiamo oltre le reciproche prese di posizione giocoforza estreme, è possibile intuire uno spiraglio di luce alla fine di questa annosa vicenda.
Gordiano Lupi