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Pierantonio Maria Micciarelli. La Cuba che ho visto io non è “quella di Minà”
Pierantonio Maria Micciarelli con il cineoperatore Luca Acerno (foto Cortesía de Leopoldo Caggiano)
Pierantonio Maria Micciarelli con il cineoperatore Luca Acerno (foto Cortesía de Leopoldo Caggiano) 
27 Settembre 2011
 

Il regista Pierantonio Maria Micciarelli mi manda queste riflessioni durante un viaggio che sta facendo a Miami per promuovere il suo film (bellissimo e da me recensito su TELLUSFOLIO) che in Italia non ha voluto nessuno. In compenso Minà è andato a Venezia. Credo che siano da condividere con i lettori di TELLUSFOLIO. Racconta un'amara verità, ma uno scrittore che amo diceva: “Chi ha detto che si nasce per essere felici?”. (Gordiano Lupi)

 

 

Dopo tre anni di studi approfonditi, ricerche e contatti in loco con Cubani della Società Civile, sono arrivato sull'isola con due compagni di viaggio, Luca Acerno e Leopoldo Caggiano, per girare un documentario che avevo in mente da tempo. Ho raccontato il dolore e la repressione dei membri della dissidenza, i pestaggi delle Damas de Blanco che chiedono la libertà per tutti i prigionieri politici, i sogni di ragazzi e adolescenti che non possono accedere a internet e alla verità di un mondo che non hanno mai conosciuto e che viene tenuto sotto chiave da carcerieri marci e stanchi, pigri, ma ancora feroci.

È la storia di un uomo che ripercorre il sentiero della Rivoluzione cinquant'anni dopo, scalando la Sierra Maestra, cucinando per i Cubani, incontrando veterani e condividendo con loro il proprio genuino, cordiale e appassionato amore per la Rivoluzione. Giunge all'Avana, dove ascolterà le parole dell'altra Cuba, quella che da cinquantadue anni vive, non più il sogno promesso dal Comandante, ma l'incubo di una nazione frustrata e soffocata da una gerontocrazia avida e senza scrupoli, coinvolta nel narcotraffico sudamericano, rea di aver dilapidato le ricchezze di un'Isola fertile a causa della propria incompetenza, colpevole di aver fucilato quasi ottomila persone, non durante le battaglie, ma dopo la conquista della Vittoria.

È per i Cubani che continuano a combattere che ho fatto questo film. È per me stesso che ho fatto questo film, per dimostrare che ci sono dei casi nella vita in cui è meglio saper cambiare idea, piuttosto che venerare, senza porsi alcuna domanda, la faccia sulla T-shirt o l'ideologia di bugiardi senza onore che hanno turlupinato, umiliato e derubato per mezzo secolo il proprio popolo. Spesso con la complicità di intellettuali di tutto il mondo, a volte ignari, ma più spesso superficiali e opportunisti. Si continua a dare la colpa dei mali di Cuba all'embargo americano e ad altri mostri, non considerando che a Cuba chi ha i soldi può avere TUTTO. Da molto tempo e da ogni parte del globo; mentre chi non ha niente continua a non avere niente.

Sono stato seguito, minacciato. Sono stato coinvolto con altre tre persone in un grave incidente automobilistico provocato di proposito. Per fortuna, oltre ad uscirne illesi, il tutto è stato filmato. Ho sofferto per il tradimento di un sogno che apparteneva a molti, non solo ai Cubani. Sono tornato a Casa vivo e con il materiale ed ho trovato due partners intelligenti e propositivi, Luca Lucini e Raffaello Pianigiani della Maremosso, i quali sono diventati co-produttori, e produttori associati come BRW Filmland, La Casa film e Officine Ubu, quest'ultimo anche distributore in Italia. Un giovane musicista garbato e pieno di talento, Fabrizio Campanelli, ha composto la colonna sonora originale e Maurizio Argentieri, fonico rinomato, ha creato il sound design. Fabio Rocchi si è occupato della color-correction e Valentina Moiraghi del montaggio. Grazie a tutti loro, il mio viaggio è diventato una storia compiuta.

 

SOY LA OTRA CUBA, Sono l'altra Cuba, è il titolo di questo film che è stato presentato a tutti i maggiori festival italiani ed europei e da tutti è stato rifiutato senza nemmeno due righe di motivazione, se non che “Siamo spiacenti ma il suo film non è stato selezionato”... Cannes, Berlino, il Festival di Roma...

Per fortuna a Venezia hanno proiettato 270' del solito documentario di propaganda Castro-fascista che l'affezionato vassallo, Dr Gianni Minà, continua a fare e rifare da trent'anni, con l'unica differenza che adesso, invece di mostrare la sola scuola decente, il solo ospedale che funziona (per Maradona e l'altro fascista Chavez e non per i Cubani che continuano a fare la coda per mesi per avere un letto in uno scantinato, pagando con danaro, cibo e saponette) e i pionieri che sventolano annoiati le bandierine rosse e nere della “REVOLUCION”, ha parlato della “SUA” Cuba nell'...Era Obama.

Ha addirittura ammesso candidamente di aver viaggiato all'interno dell'isola... Non vedo altri modi per conoscere un luogo se non viaggiare al suo interno; certo, l'ha detto perché non lo aveva mai fatto prima. Giustamente Venezia non ha nemmeno preso in considerazione un eventuale contraddittorio accettando anche il mio film. D'altra parte qui non si parla di cinema, ma della verità ovvia. Gli amici di Gianni Minà e gli organizzatori del festival se mai andassero a Cuba, rimarrebbero chiusi nel recinto degli Hotel All inclusive come fanno tutti quelli che, quando ritornano dalla “Perla del Caribe”, si dicono soddisfatti, ancora con il braccialetto colorato al polso.

Forse perché non hanno visto l'orrore, la disperazione e le ingiustizie che ho visto io, stupido, che non ho saputo scegliere il giusto Tour Operator... Starò più attento la prossima volta. Mi farò consigliare da chi accompagna il Dr Minà nei suoi viaggi nell'isola, che lo va a prendere sull'aereo e gli evita persino il controllo del passaporto. Dovrà certo fare grandi cose per meritare questo trattamento...

Soy La Otra Cuba è stato accolto con affetto e riconoscenza a Cuba, dove è arrivato clandestinamente, e a Miami dove in meno di una settimana è già diventato un caso. E non solo presso la comunità cubana; in qualità di autore sono stato intervistato dalle maggiori testate giornalistiche, ho partecipato a due show in prime time e sono stato invitato ad una trasmissione Live di Radio Martì. Bloggers e giornalisti indipendenti, non solo Cubani, mi hanno chiesto di raccontare la mia storia. Nei caffè e per strada gli Americani, non solo gli immigrati o gli esuli, mi hanno ringraziato e fatto i complimenti per quello che hanno visto e ascoltato; e non si parla di politica, ma di vita, giustizia e libertà. Mi fa orrore l'arroganza di una certa destra guerrafondaia così come provo pena per gli ottusi ideologi di sinistra che, solo perché è una tradizione, continuano a credere che “il Che” e Fidèl sono degli eroi, senza nemmeno conoscere un solo paragrafo della recente storia cubana.

Sono onorato di essere stato accolto dalla Società Civile Cubana che mi ha raccontato a viso scoperto cose che tra i Cubani si dicono sottovoce, per paura che i vicini di casa o gli invidiosi possano fare una soffiata alla Sicurezza di Stato in cambio di una razione di pollo e un paio di scarpe nuove.

Mi sento fortunato nel poter affermare che Cuba, l'altra Cuba, mi ha insegnato la civiltà e il coraggio in un mondo dove solo il Bunga-Bunga continua a fare notizia. (p.m.m.)


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