Mentre la crisi economica costringe a citare ricette economiche e riforme strutturali, le leggi al vaglio del Parlamento sembrano passare indenni e fuori dal tempo. Un tuffo nella Camera dei fasci e delle corporazioni. Se è chiaro che l’Italia dei troppi vincoli ha frenato lo sviluppo del Paese le aule di Camera e Senato imperturbabili si fanno scrivere commi e articoli dalla corporazione di turno ignorando l’interesse generale.
Capita infatti che si arrivi a varare una riforma della professione forense che pare fare passi indietro perfino rispetto alla legge fascista che si dice di voler “aggiornare”. Inutile ricordare le cordate di avvocati senatori che hanno opposto resistenza a Tremonti. Due esempi. I tagli allo stipendio e le liberalizzazioni alle tariffe.Capita poi che nel fare una legge per promuovere e incentivare l’editoria l’unica modalità per intervenire sia quella di limitare gli sconti imbrigliando mercato e concorrenza preoccupandosi di fissare prezzi per legge, ma mai del consumatore.
Ma ancora più incredibile è come nelle stesse ore in cui si vara la manovra, dove si enuncia il principio sacrosanto della libertà di accesso al mercato del lavoro senza le restrizioni degli ordini professionali ma dalla formazione e preparazione universitaria, l’aula del Senato decida di istituire una ventina di ordini in materia sanitaria e infermieristica.
La carica dei tecnici della riabilitazione, degli infermieri, passando dal podologo, logopedista, ostetrica, vigilatrice d’infanzia fino all’igienista dentale nella loro corsa all’istituzione del proprio ordine professionale almeno in questi giorni potrebbe trovare una resistenza parlamentare, un sussulto di dignità delle istituzioni?
Nelle commissioni tutti questi testi non hanno visto ostacoli. Spesso l’iniziativa è partita dall’opposizione e poi sostenuta dalla maggioranza. In aula i voti contrari dei Radicali non sono mai mancati. A mancare sono stati invece i paladini delle libertà economiche a parole, che nella traduzione in legge si perdono per strada. Proviamo a fermare questa nuova valanga di ordini?
È dal 2004 che l’Antitrust ha cercato spiegare a Governo e Parlamento che non servono per tutelare il cittadino, utente e consumatore, ma solo a limitare l’accesso al mercato del lavoro, limitandone così anche l’offerta. Mentre si aspettano le grandi riforme strutturali e costituzionali, intanto, si potrebbe evitare di peggiorare l’esistente?
Donatella Poretti
(da IL Riformista, 13 settembre 2011)