Senato della Repubblica, 600a e 601a Seduta Pubblica
Conversione in legge del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo
Signor Presidente, signori del Governo,
tutti in quest’aula sono consapevoli che questa è la quarta o quinta puntata di una manovra che voi del governo e maggioranza non volete fare, non potete fare o, peggio, non sapete fare e che nei prossimi mesi, se non settimane, seguiranno le altre puntate ben più feroci perché saremo costretti a rincorrere, in condizioni ancor peggiori, un pareggio di bilancio che sarà sempre più oneroso...
Questo perché non c'è stata e non c'è la consapevolezza della gravità e della portata della crisi - che avete negato per mesi - del rischio di default dell’Italia e con esso della stessa Unione monetaria, perché non ne conoscete né comprendete le cause e, anche quando scrivete la manovra sotto dettatura della Banca europea, dopo neppure due settimane la svuotate facendo precipitare il paese... Avete impersonato, insomma, un poderoso deficit politico rispetto a quanto stava succedendo...
Anche le timide liberalizzazioni sono sparite, oppure alcune già esistenti sono fatte passare per nuove, come quella sugli orari di apertura dei negozi. I pochi tagli di spesa – salvo le esenzioni Ici al Vaticano, salvo il finanziamento pubblico ai partiti – si sono ancora ridotti, anche quelli della politica, e i saldi sono adesso garantiti per oltre il 68% nel 2012 da più tasse con gli evidenti effetti restrittivi sulla domanda interna. Con gli ultimi emendamenti annunciati la composizione della manovra sarà ancor più squilibrata dalla parte del prelievo fiscale...
Ma le famiglie a basso reddito saranno colpite ancor più duramente con maggiori tasse da pagare se la delega per la riforma fiscale non verrà esercitata e quasi metà della manovra – circa 20 miliardi - dovrà essere garantita dal taglio delle agevolazioni fiscali, quelle per intenderci per gli asili nido e per le persone disabili.
È stata messa un’altra toppa alla manovra solo perché il Presidente della Repubblica vi ha tirato le orecchie e il mercato non ha bevuto la bufala dei risultati miliardari della lotta all’evasione fiscale.
Ma neanche questa toppa basterà se non affrontiamo con coraggio il macigno del debito e gli ostacoli strutturali che hanno determinato da anni, ancor prima dell’attuale crisi, la stagnazione economica del nostro paese.
In poche parole i nostri prestatori sono sempre più convinti che l’Italia non sarà in grado di onorare il suo debito e tanto meno di ridurlo con una crescita dello zero virgola, con l’incapacità di affrontare con coraggio le grandi voci di spesa della previdenza e della sanità e senza riforme strutturali.
Bene, anzi benissimo, mettere mano alle pensioni ma con i nuovi emendamenti anticipate al 2014 l’adeguamento dell’età pensionabile delle donne – ovviamente senza neppure prevedere compensazioni per migliorare i servizi che facilitino l'accesso delle donne al mercato del lavoro e la conciliazione fra lavoro e cura della famiglia dopo lo scippo dei 4 miliardi del fondo costituito a questo fine nella precedente equiparazione per le lavoratrici del pubblico impiego – evitando, grazie al No della Lega che si manifesta ormai come blocco di interessi conservativi, di seguire la strada maestra dell’estensione a tutti del regime contributivo pro quota e dell’innalzamento dell’età pensionabile in una forchetta di età da aggiornare automaticamente che avrebbe dato ai mercati ben altro segnale di rigore e di volontà di ridurre strutturalmente la spesa pubblica.
Occorre invece un atto di coraggio, di responsabilità e di lungimiranza per tagliare subito di almeno dieci punti percentuali, se non di più come ha proposto qualcuno, il nostro debito pubblico. Insomma, a fronte dei duecento miliardi che dovremmo reperire complessivamente, se volessimo essere minimamente credibili, forse sarebbe stato meglio immaginare un prelievo straordinario sui grandi patrimoni. In molti paesi dell’occidente molti ricchi illuminati hanno lamentato di essere stati colpiti da tasse ridicole e di voler contribuire in maniera più seria al superamento della crisi. In Italia, nonostante lo scandalo dell’evasione fiscale, non molti “ricchi” hanno proposto una patrimoniale. Presidente Berlusconi, perché lei, che è sicuramente uno degli uomini più ricchi d’Italia, non si fa promotore di questo prelievo straordinario sui grandi patrimoni per salvare il nostro paese dalla bancarotta?
Non parlo delle misure per la crescita senza le quali qualsiasi manovra sarà vana, perché ho quasi finito il mio tempo, ma soprattutto perché Bankitalia ha suggerito, anche nel dettaglio, le riforme e le misure di buonsenso che si dovrebbero adottare. Voglio solo aggiungere che legalità, stato di diritto, giustizia giusta sono per noi Radicali la prima riforma strutturale indispensabile per questo paese.
Mi preme invece parlare, per chiudere, di Europa e dei bond. Scarsa è la consapevolezza nella classe politica che se l’Europa non saprà superare questa crisi che coinvolge in modo così drammatico l’Italia, ma anche tutto il sistema finanziario degli stati membri, la fine dell’euro sarà inevitabile e le conseguenze sull’economia europea, e quindi quella mondiale, non sono neppure immaginabili.
Ma occorre che chi parla di eurobond come unica salvezza dell’euro smetta di raccontare favole. I benefici degli eurobond sono moltissimi, non solo per ridurre drasticamente gli interessi sul debito, ma anche per favorire e promuovere la crescita con investimenti sull’innovazione, la ricerca e il potenziamento delle reti che non sono a costo zero. Ma solo delle persone ingenue o in malafede possono pensare che la Germania e gli altri paesi virtuosi del Nord Europa siano disponibili a garantire, con i soldi dei propri contribuenti, gli eurobond dai rischi che qualche paese non sia più in grado di onorare i propri impegni e quindi di pagare i debiti altrui.
Occorre di conseguenza dire con chiarezza che gli eurobond si possono fare non solo conferendo al Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria importanti risorse e asset, ma soprattutto rinunciando a un pezzo non piccolo di sovranità nazionale a favore di una politica fiscale europea, di una Tesoreria unica europea, di un ministro delle finanze europeo e di un bilancio di almeno il 5% del Pil europeo per essere credibili. Oggi autorevoli voci si alzano in questa direzione, dal nostro Presidente della Repubblica a Jean-Claude Trichet.
Insomma, un primo passo verso gli Stati Uniti d'Europa. Da anni isolati, con la sola compagnia di pochi federalisti, abbiamo sostenuto che era una follia creare l’unione monetaria e una moneta comune, lasciando che ogni paese decidesse in assoluta autonomia sulla politica fiscale e di bilancio. Ora paghiamo questa follia a caro prezzo ed è dovere di tutti non raccontare favole e spiegare che si esce dalla crisi con più Europa e non con furbizie contabili...
Fonte: www.senato.it
(Dal resoconto stenografico della seduta del 07/09/2011)