Se ne fa un gran parlare in questi giorni. A volte se ne sparla. L’argomento che, in base al testo poi abbandonato dalla stessa maggioranza, ha catalizzato l’attenzione è stato quello dell’accorpamento dei comuni sotto i 1.000 abitanti. Il provvedimento si chiama decreto-legge n. 138 del 13 agosto 2011… La manovra di Tremonti che rischia di farci moooolto male. Rischia di farci andare a sbattere… e temo che non esista al mondo una polizza kasko che ci tuteli… Ci sarebbe da farne un trattato, ma proverò a dire due o tre cose tra le più importanti.
Sull’accorpamento dei comuni mi sembra appena il caso di puntualizzare che per quanto riguarda i piccoli comuni, non si può certo parlare di RISPARMI SUI COSTI DELLA POLITICA, ma semmai di razionalizzazione e ristrutturazione amministrativa in quanto i compensi per sindaci ed amministratori dei piccolissimi comuni sono davvero quasi niente (spesso niente) e non determinerebbero certo risparmi consistenti sui costi della politica ma semmai sui costi amministrativi e gestionali.
Ecco invece un esempio di risparmio sui costi della politica:
«Accorpiamo ad esempio i comuni di Albano, Ariccia, Genzano e Lanuvio. Attualmente paghiamo quattro stipendi ai nostri sindaci, quando ne basta uno solo. Pensate che a Roma il Sindaco Alemanno amministra una popolazione di quasi tre milioni di persone senza problemi. Unendo quattro comuni (Albano guidato dal sindaco Marco Mattei abitanti 38.125; Genzano, Sindaco Enzo Ercolani abitanti 22.695; Ariccia, Sindaco Emilio Cianfanelli abitanti 18.060; Lanuvio, Umberto Leoni abitanti 11.704) la somma degli abitanti dei quattro Comuni raggiunge 90.674, superiore a 64.758 di Aprilia, ma inferiore ai 114.063 di Latina…» (da Controluce, Nazzareno Terrazza, Coordinatore dei Castelli Romani del Partito Liberale). Calcolando l’indennità dei sindaci (da 3 a 5.000 euro al mese) più quella degli assessori e dei presidenti dei rispettivi consigli comunali e calcolando la spesa per sindaco ed assessori e consiglieri di un unico comune di 90.674 abitanti, la differenza è di ben 242.408 €. Con 242.408 € all’anno si possono risolvere diversi problemi… dai servizi sociali alle buche nelle strade.
Non credo che si possa far a meno di applicare delle deroghe: non escludo che alcuni comuni (soprattutto per quelli montani di nome e di fatto) abbiano senso di esistere anche se sono sotto i mille abitanti.
In entrambi i casi la gente si chiede se per rifare la carta d’identità potrà ancora usare la bicicletta o dovrà usare l’auto, se ci saranno tagli ai servizi, e se verrà rispettata la loro identità: come si chiamerà il nuovo comune? E la provincia di Sondrio esisterà ancora?
In mezzo a queste spade di Damocle ciascun ente si sta muovendo scollegato dagli altri. Le comunità montane chiedono deleghe ai comuni adducendo che in questo modo si possono ottenere contributi dalla Regione Lombardia. Quindi la domanda è: la Regione Lombardia sta cercando di sostenere più le Comunità Montane che le Province? Perché non si apre il dibattito sull’utilità degli enti di secondo livello?
E parlando di identità, di autonomia, di federalismo ed altro, per alcune zone come Sondrio occorrerebbe forse pensare alle macroregioni previste dalla convenzioni delle Alpi (CIPRA) invece che ad una annessione ai Grigioni come auspica il presidente della mia provincia. Peraltro mi domando: se ciascuno di noi ha 30.000 euro di debito (debito dello Stato), prima di andarcene coi Grigioni saremmo tenuti a pagare allo stato Italiano il nostro debito?
Scherzo, ma non troppo.
E a proposito di risparmi: cosa si intende fare per eliminare i privilegi della “Casta”, quella vera dei parlamentari? Mi riferisco a ristoranti, barbieri e quant’altro… non sarebbe più “etico” e normale cominciare da lì?
Ma c’è una cosa ancora più inquietante dentro la manovra economica del d-l 138.
Il 12 e 13 giugno il voto referendario di ben 28 milioni di cittadine e cittadini italiani di ogni espressione politica ha chiaramente indicato la voglia di partecipazione attiva alle decisioni importanti per il Paese: servizi pubblici locali, beni comuni, energia, giustizia.
Chiara è stata la risposta dei cittadini: NO alla privatizzazione dei servizi pubblici locali d’interesse generale, a partire dalla gestione dell’acqua ma non solo, NO ai profitti del mercato sui beni comuni essenziali.
Le persone hanno chiaramente indicato alla rappresentanza politica una nuova stagione che metta al centro l’essere umano e i beni comuni e non le agenzie di rating e la speculazione finanziaria.
Purtroppo il governo non solo non ha ancora attuato le indicazioni referendarie retrocedendo sulle privatizzazioni già attuate e abolendo i profitti sull’acqua ma, con la manovra economica in fase di discussione parlamentare per la conversione del decreto-legge, ha riproposto (negli articoli raggruppati sotto il Titolo II) in altra forma la sostanza delle norme abrogate con volontà popolare.
Purtroppo ciò sta avvenendo in un colpevole silenzio politico generalizzato che non rispetta il voto dei cittadini (di qualsiasi colore politico). Eppure in politica ci sono ancora persone perbene, galantuomini che dedicano il loro tempo con passione al bene comune… temo però che siano ormai una minoranza da tutelare…
Martina Simonini
(per 'l Gazetin, settembre 2011)