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Radicali Italiani. I tagli possibili alla casta di cui nessuno parla 
La casta si vince con la democrazia: Pier Paolo Segneri, Sulla legge elettorale
01 Settembre 2011
 

«Ma perché si parla di ridurre i costi della politica ipotizzando, per il futuro, una fantomatica riduzione di oltre 50.000 cariche pubbliche e non si decide, da subito, il dimezzamento del contributo elettorale ai partiti (già soppresso come finanziamento pubblico a seguito del referendum del 1993). Risparmio immediato, circa 700 milioni di euro, se non erro. Perché nessuno ne parla, perché?»

Mauro de Stefano, lettera al Corriere della sera, 1° settembre 2011

 

«Ne ha parlato Emma Bonino in una lettera al Corriere pubblicata il 29 agosto. Non è vero quindi che nessuno ne parli. Ma è certamente vero che questa è una materia su cui il silenzio della classe politica è bipartisan».

Sergio Romano, Corriere della sera, 1° settembre 2011

 

Su tutti i mezzi di informazione il dimezzamento dei parlamentari viene spacciata come una grande riforma della casta. Si tratta invece di una vittoria della partitocrazia!

Ci sono modi assai più incisivi per ridurre i costi... non della politica, ma della partitocrazia. Come appunto l'abolizione del finanziamento pubblico dei partiti, proposta depositata dai parlamentari radicali come emendamento alla manovra finanziaria, che produrrebbe 476 milioni di euro di risparmi all'anno.

Se il sistema elettorale venisse riformato in senso maggioritario uninominale, come noi proponiamo da sempre e come gli elettori hanno votato al 90,3 per cento nel referendum del 1993, solo con collegi uninominali relativamente piccoli, nei quali i candidati si confrontino di fronte a poche decine di migliaia di abitanti che ne conoscono vita, morte e miracoli, si potrà avere quel rapporto eletto-elettore che garantisce il controllo democratico e una politica a «misura d’uomo». In Gran Bretagna la Camera dei Comuni è composta da 650 rappresentanti, più dei deputati italiani, di modo che ogni parlamentare rappresenta non più di 70/80 mila elettori.

C'è di più. L'insieme degli emendamenti alla manovra economica proposti dai parlamentari radicali consentirebbero un risparmio nell'immediato di circa 8 miliardi di euro, senza contare i risparmi derivanti dagli interventi sulle pensioni e le maggiori entrate grazie alle misure per il rilancio dell'economia.

 

Emendamenti per il taglio della spesa pubblica

- Abolizione finanziamento pubblico ai partiti
Risparmio stimato:
476 milioni di euro

- Abrogazione dell'esenzione Ici per gli immobili degli enti religiosi che svolgono attività commerciali 
Risparmio stimato: 
400-700 milioni di euro

- Eliminazione sprechi e prebende forze armate
Risparmio stimato:
3,69 miliardi di euro

 

Emendamenti per maggiori entrate economiche

- Contributo ecologico sui consumi energetici non rinnovabili 
Entrate previste:
3 miliardi di euro

 

Emendamenti per il rilancio dell'economia

- Innalzamento dell'età pensionabile e riforma del welfare
Risparmio annuale stimato a regime: oltre 7 miliardi di euro

- Liberalizzazione delle professioni

- Prosecuzione volontaria dell'attività lavorativa oltre l'età per la pensione obbligatoria
Risparmio stimato nell'ipotesi massima: 2,3 miliardi di euro

- Privatizzazione della Rai e liberalizzazione del settore radiotelevisivo

 

L'insieme della nostra attività parlamentare, delle proposte puntuali per il taglio degli sprechi della partitocrazia e il rilancio dell'economia, per la riforma istituzionale in senso maggioritario e uninominale, rappresenta una garanzia per il futuro anche economico del nostro paese.

 

Radicali Italiani

 

 

 

Sulla legge elettorale

 

Se si dimezzano i parlamentari significa che si andrà a votare con questa legge elettorale. È la vittoria delle liste bloccate, delle nomine dall’alto e del cosiddetto 'porcellum'. Con la riduzione drastica del numero dei parlamentari, infatti, vince l’antipolitica, vincono le segreterie dei partiti e perde la politica, cioè pagano i cittadini, le persone e si perde la possibilità di cambiare questa legge elettorale.

Il dimezzamento dei parlamentari, infatti, è incompatibile con una riforma uninominale e maggioritaria basata sui collegi piccoli, come accade nel modello anglosassone. Questo taglio, inoltre, che non colpisce la partitocrazia e lascia intatta la spartizione del finanziamento pubblico ai partiti o del rimborso elettorale, è incompatibile finanche con la proposta di ritorno al 'mattarellum', che è costruito, per il 75 per cento, sui collegi uninominali. E così, se la partitocrazia dimezzerà i parlamentari, pagheremo tutti noi sul piano democratico, sul piano della rappresentanza, sul piano di una visione liberale delle istituzioni. In una democrazia liberale, infatti, i parlamentari non sono eletti o nominati dai partiti e dalle liste elettorali, ma dai cittadini.

La quota proporzionale, invece, in qualsivoglia sistema elettorale, permette la conservazione dei peggiori meccanismi partitocratici e nel porcellum, addirittura, si vota solo la lista e non il candidato, praticamente tutto il potere è dato in mano ai capi delle segreterie e, in questo modo, interi territori non avranno più il loro rappresentante in parlamento. Vi ricordate come erano disegnati i collegi del mattarellum? Con il dimezzamento dei seggi, quei collegi, così come erano stati concepiti, non ci saranno più. E poi, bisogna pure che qualcuno lo scriva, i deputati e i senatori, in un’ottica liberale, sono espressione di un determinato territorio, di un collegio elettorale, di una comunità locale, non del vasto terreno partitocratico, che è un terreno apolide, cioè non-politico e antipolitico. Per farsi prima candidare e poi eleggere, insomma, bisognerà andare a Roma. Trasferirsi a Roma. E ingraziarsi i vertici dei partiti. Se ridotti nel numero, quindi, gli eletti saranno sempre e comunque espressione delle segreterie burocratiche e non, come invece dovrebbe essere, emanazione diretta degli elettori di un determinato collegio chiamati a votare il loro rappresentante.

Neanche le primarie potrebbero risolvere il problema. È evidente. Ma non basta: la prima caratteristica di una buona legge elettorale è quella di essere democratica, cioè di essere semplice da spiegare, chiara, facilmente comprensibile dai cittadini. Una legge elettorale è democratica, insomma, se tutti la possono capire, conoscere, intendere. Altrimenti, dietro a una serie di dettagli, spesso incomprensibili, vi può essere l’inganno della partitocrazia ai danni degli elettori. Per questo motivo è indispensabile restituire alla democrazia il collegio uninominale e agli elettori la possibilità di indicare direttamente il proprio rappresentante in parlamento.

 

Pier Paolo Segneri

(da Notizie Radicali, 31 agosto 2011)


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