Il decreto emanato dal governo per avviare il risanamento della situazione economica ha suscitato polemiche sull’esenzione dal pagamento dell’Ici di cui godono le proprietà ecclesiastiche destinate al funzionamento delle tante organizzazioni cattoliche impegnate in attività assistenziali o destinate al culto.
Queste polemiche, purtroppo, non sono pretestuose perché molte organizzazioni cattoliche destinate ad attività “commerciali” (alberghi, case di riposo a pagamento magari con rette onerose, bar annessi, cliniche non convenzionate, sale cinematografiche, palestre, ostelli...), che in verità non sono esenti come quelle, lo diventano perché i loro gestori eludono con piccoli o grandi sotterfugi: magari un crocefisso alla parete o una cappella annessa che li renderebbe destinate al culto.
Pensano di non essere in stato di peccato perché, forse in buona fede, considerano le truffe al fisco non oggetto del perentorio “non rubare” del decalogo.
Pressioni per ottenere controlli più attenti sarebbero più efficaci di tante parole, specie se venissero dalla stessa gerarchia che dovrebbe unirle ad un richiamo fermo per riaffermare che le dure parole contro gli evasori pronunciate da Bagnasco colpiscono anche preti, suore e laici delegati a gestire lucrose opere “cattoliche” che niente hanno a che fare con l’evangelizzazione.
Certo per essere credibile il Presidente della Cei dovrebbe compiere un gesto di rinuncia ad un privilegio che rende ancora più inaccettabile il finanziamento della Chiesa attraverso l‘otto per mille: la ripartizione delle quote non espresse in sede di dichiarazione di redditi.
È noto infatti che solo poco più del 35% dei contribuenti indica la Cei come destinataria dell’otto per mille mentre proprio la ripartizione delle quote non destinate le permette di ricevere oltre il 70% dell’otto per mille dell’Irpef annualmente destinato alle Chiese.
Questo gesto restituirebbe anche dignità a quei contribuenti che esercitano il sacrosanto diritto di non scegliere per non compromettersi in un sistema che sancisce il privilegio delle istituzioni religiose, imposto dal nuovo Concordato craxiano con la Santa Sede, ad essere finanziate dallo Stato.
Le Comunità di base invitano tutti i cristiani, cattolici e non, a chiedere alle loro istituzioni religiose la rinuncia unilaterale a questo privilegio nel privilegio, e a pretendere dalle forze politiche democratiche l’impegno a promuovere la modifica della Legge 232 di applicazione del Nuovo Concordato per eliminare almeno la spartizione delle quote non destinate dai contribuenti nella loro dichiarazione dei redditi.
Le comunità cristiane di base italiane
Roma, 27 agosto 2011
COMUNITÀ CRISTIANE DI BASE
Segreteria Tecnica Nazionale
c/o CdB San Paolo - Roma
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