Quando un libro è brutto va scritto a chiare lettere, senza stare a fare tanti giri di parole. Quando è inutile va ribadito con forza. Quando è dannoso va sottolineato con la penna rossa.
Habana. Un viaggio a Cuba di Reinhard Kleist è brutto, inutile e dannoso. Lo scrivo con soddisfazione, anche perché questo libro me lo sono comprato, spendendo ben 15 euro che potevo impiegare meglio, non me l’ha spedito l’Ufficio Stampa della Black Velvet. La casa editrice lo definisce così: «Diario di un soggiorno di quattro mesi a Cuba che racconta le contraddizioni di un paese attraverso le parole, i disegni, il fumetto. Un’appassionante immersione nella cultura di una città e di un’isola amate e odiate insieme, e che non hanno eguali al mondo». Io lo definirei un libro che racconta di Cuba solo le cose ovvie, da tutti conosciute, una fiera del luogo comune a base di rivoluzione, sanità, istruzione, odioso embargo nordamericano e paternalismo castrista. L’autore si guarda bene dal prendere posizione, non dice una parola sulla dilagante prostituzione, non cita la totale assenza di libertà di movimento, non accenna alle ripetute violazioni dei diritti umani, alla mancanza di libertà, alla situazione economica della popolazione che vive solo grazie alle rimesse degli emigrati. Alcune parti sono risibili, come quando l’autore tenta di far credere che a Viñales e a Pinar del Rio si conduca un’esistenza ottima. Non solo, secondo lui ci sarebbero molti turisti (chi si ferma più di un giorno in aperta campagna lontano dal mare?) e gli abitanti non sognerebbero la fuga per il troppo amore che li lega alla loro terra. Altrettanto risibile l’immagine di Fidel Castro che ammonisce l’autore a non giudicare la realtà cubana con le categorie da europeo, perché siamo in America Latina e ogni popolo ha le sue caratteristiche.
Peggio ancora quando Kleist vorrebbe far passare il messaggio che le vere persone non libere siamo noi che viviamo nel consumismo, tra pubblicità, giornali di padroni e grandi catene di ristorazione. Tutto vero, nessuno ha mai detto il contrario. Il capitalismo ha i suoi mali e non sono pochi. Ma Kleist era partito per raccontare Cuba e non l’ha fatto. Il suo diario di viaggio è scritto soltanto per piacere al potere, per non dare fastidio al regime. Un libro che non è pericoloso è un libro inutile, come ha detto qualcuno più famoso di me. Questo è un libro inutile, da evitare, da sconsigliare, da non comprare. A meno che non siate amanti delle dittature. In questo caso è il libro che fa per voi. Unica nota positiva: Reinhard Kleist è un artista, un grande disegnatore di fumetti. Perché impiega così male le sue doti?
Gordiano Lupi
Reinhard Kleist
Habana. Un viaggio a Cuba
Black Velvet, pagg. 102, € 15,00