Domenico Stimolo. Si ritorna ai tempi del “papa-re”: L’abolizione delle festività civili Con video “Ascanio Celestini rimette il 25 aprile al suo posto”
13 Agosto 2011
Ormai siamo proprio all’osso.
Tra le tante proposte avanzate dal governo per affrontare la crisi (…per chi?, per penalizzare pesantemente ancora una volta, drammaticamente, lavoratori e pensionati,) sembra quasi che passi in sordina quella che riguarda la distruzione del “ciondolo d’oro della Repubblica”. Buttata lì, per sciocca e becera provocazione, per alzare la posta nella trattativa globale, per vedere l’effetto che fa, per revanscismo senza guerra?
Si tratta dell’abolizione (con “godimento” alla domenica successiva) delle uniche tre festività che ancora rimangono nel nostro calendario annuo, che rappresentano i pilastri fondanti, culturali, storici e sociali della Repubblica italiana: 25 Aprile, 1° Maggio, 2 Giugno… …per aumentare la produzione???
Vogliono togliere la “terra sotto i piedi” a tutte le manifestazioni che annualmente ripercorrono l’Italia in memoria della Lotta di Liberazione e della dignità sociale di lavoratori.
Nel contempo, le festività cosiddette religiose, non vengono toccate, in tutta la propria multiforme specie. Rimangono, tutte.
In nessun paese europeo mai è avvenuto che i governanti abbiano proposto di abolire le giornate di festività “padri e madri della patria”.
In Italia tranquillamente avviene.
Nel silenzio, di fatto, generale. A parte le notizie informative. Almeno per chi ha avuto la decenza civile di diffonderle.
Iniziative, mobilitazioni, sit-in, comunicati, in contrasto? Non si muove foglia.
La notizia è assente anche dai siti nazionali della Memoria: Anpi e Aned, e quant’altro. Tutto tranquillamente, in maniera scellerata, tace in questo preludio ferragostano.
A supremo abominio dei Martiri che con il loro ardire ci conquistarono la Libertà, e costruirono la Costituzione.
Pochi anni addietro, in una certa città, quando il nababbo proferì che gli antifascisti condannati al confine erano stati inviati in “villeggiatura”, in quattro e quattr’otto, si organizzò una manifestazione, molto partecipata, davanti al luogo deputato alla rappresentanza istituzionale governativa.
Prevale lo sconcerto. Sì, siamo proprio all’osso della democrazia.