In una vita lunga come la mia, e il discorso vale anche per quelli della mia generazione, possiamo dire di averne viste e passate di tutti i colori, nel peggio e nel meglio: quanto al peggio si dice che non c’è mai un limite. Ne abbiamo avuto una riprova nella recente chiassata inscenata in pieno Parlamento contro quei poveri grandi vecchi, i senatori a vita, mentre sfilavano ad esprimere il loro voto. Da dove partivano quei lazzi a dir poco impropri in una sede e un’occasione così solenni? Dalle file di quella stessa parte che aveva poco prima finito di candidare alla presidenza del Senato uno di quei veterani, il sempiterno e disponibile Andreotti.
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Torna e ritorna, per dire che è sempre d’attualità, il tema piazza. Tema a me particolarmente caro, come avrà capito chi legge queste note. Ci sono nato e cresciuto, e dopo lunghe e sofferte lontananze, sono tornato a viverci accanto. Su questo tema si gioca la nostra sensibilità e intelligenza ambientale, non solo, ma conseguentemente l’intelligenza e la capacità del governo locale di porsi al di sopra degli interessi particolari. Non dovrebbe essere questo il suo vero compito, la sua vera ragion d’essere? A proposito di interessi, si tratta anche di aiutare tutti a guardare lontano. L’ho già scritto e torno a scriverlo: non è detto che la restituzione della piazza a se stessa e ai piedi e alla contemplazione dei pellegrini e dei passanti non torni a vantaggio, a lunga o anche breve scadenza, di quegli stessi che ora l’avversano. In uno scritto passato ho portato l’esempio di Corso Vittorio Emanuele a Milano, ma se ne potrebbero citare tanti, a dimostrazione di quanto affermato. Intanto – repetita juvant – urge il restauro della grande fontana che conclude in bellezza l’insieme monumentale che i nostri avi ci hanno consegnato, confidando nella nostra capacità di esserne all’altezza.
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Mi hanno – oserei dire felicemente se la parola non fosse impropria per una delle più grandi tragedie del nostro tempo – sorpreso le parole sfuggite a un uomo solitamente così raziocinante come Benedetto XVI al cospetto del campo di sterminio di Auschwitz, quella chiamata in causa di Dio, che ha sorpreso soltanto chi ha poca pratica e dimestichezza con la Bibbia.
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Scrivo queste note all’indomani del grande convegno giovanile in piazza San Pietro. Sono stato particolarmente attento alle varie sigle e ho notato ancora una volta l’assenza delle formazioni giovanili dei grandi e classici Ordini religiosi, soprattutto di quelli più antichi, che venendo da più lontano, sono anche più capaci di guardare lontano. Sull’antichità e sull’antiveggenza tende a prevalere l’immediatezza. L’ante et retro oculata citatodel grande teologo conciliare, il domenicano Congar, addio. Per gli inesperti di latino improvviso una traduzione: provvista – si parla qui della Chiesa – di occhi capaci di guardare in profondità in avanti e all’indietro.
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Lo scandalo che ha investito il mondo del calcio non mi lascia indifferente. D’altra parte quello del pallone è un gioco che ho praticato a lungo, fino a quando l’età me lo ha permesso. Si può capire il meccanismo psicologico soggiacente al fenomeno del tifo – e se ne potrà e dovrà riparlare - ma lo spettacolo offerto dai tifosi mi irrita. Adesso, per esempio, con chi dovrebbero prendersela se non anche con se stessi se non sono stati abbastanza vigili e in guardia contro il pericolo di concorrere, con la loro massiccia presenza, a far da copertura a questo immondo baraccone? Quanto è emerso sul mondo del calcio, riflette quello che accade nell’intera società, in alto e in basso, nel pubblico e anche nel privato – magari in taluni casi nascondendosi dietro un ossequio formale al mondo religioso -: l’onore tributato a chi ha fatto man bassa di ogni retaggio etico.
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Sabato 10 giugno la Tirano dei momenti migliori ha reso omaggio al suo grande concittadino Bernardino Mazza con la presentazione del libro I racconti del dottor Kàlamus, lo scoprimento di una lapide nella Biblioteca Arcari e un interessante discorso dell’assessore alla cultura Bruno Ciapponi Landi seguito da altri interventi. Insistente il richiamo alla Umanitaria di Milano, una istituzione che nei miei anni milanesi ho avuto modo di conoscere e di praticare. Valga una semplice considerazione:si tratta di una realtà gelosamente laica e perciò stesso dotata di un forte afflato etico. La borghesia milanese e, nel nostro caso, valtellinese al suo meglio.
Camillo de Piaz
(da Tirano & dintorni, luglio 2006)