Ha fatto bene il ministro della Cultura, Giancarlo Galan, a rilanciare dal palco di “Cortina InConTra” la necessità delle liberalizzazioni per trovare soldi e nuovo slancio per un'economia che non può che essere basata su concorrenza e mercato. Il ministro ha ricordato che, per esempio, potrebbero essere vendute Poste Spa, Eni, le aziende municipalizzate e la valanga di partecipazioni azionarie che ancora lo Stato possiede ovunque. E poi, abolire le Province, accorpare i piccoli Comuni. Tutto senza toccare le pensioni e gli investimenti in cultura e ricerca scientifica.
Parole estive, certo. Da parte di un ministro che molto probabilmente, anche per quanto dice, verrà fra un po' messo nell'angolo poiché tutta la struttura su cui è costruito il consenso dell'attuale maggioranza è solo in minima parte attenta a certe sollecitazioni, essendo più che altro modellata su clienti, corporazioni e assistenzialismo; una struttura che rotola dietro politiche comunitarie che di politica hanno solo il nome: manca un governo unitario delle stesse, ben surrogato dalla voce e dalla forza delle politiche nazionali dei cosiddetti più importanti, Germania in testa.
Il caso di Poste Spa è emblematico. Un'azienda privatizzata di totale proprietà dello Stato, lentamente trasformata in una multiutility interessata solo al guadagno piuttosto che al servizio postale che ancora detiene in regime di monopolio. Ragion per cui Poste Spa:
- se da una parte ha canali privilegiati per la gestione del risparmio, con forti tendenze ad abuso di posizione dominante, e spesso personale non all'altezza di questo tipo di servizio;
- se ha canali privilegiati per l'affidamento di servizi di pubblica utilità;
- dall'altra parte fornisce un servizio postale sempre più scadente, di difficile e costosa fruizione da parte di utenti che, visto che non hanno altre scelte, sono trasformati e trattati alla stregua di sudditi: uffici sempre più diradati sul territorio, con conseguente sovraffollamento di quelli esistenti, in strutture spesso inadeguate (per esempio, nella mia città, Firenze, mediamente ci vogliono tre ore per ritirare una raccomandata inesitata); distribuzione a domicilio sempre più rarefatta e affidata a personale sempre meno motivato e qualificato.
Vendere quindi Poste Spa rappresenterebbe per lo Stato un triplo vantaggio:
- incassare una cospicua quantità di denaro;
- non doversi far carico dei problemi di bilanci che non tornano;
- fornire un servizio di qualità ai cittadini, selezionando, in gara per il servizio universale, pretendenti che dimostrino di avere qualità e, in caso contrario, poterli cambiare.
Ma questa è fanta-economia e fanta-politica?
Vincenzo Donvito, presidente Aduc