Giugno 1971: Richard Nixon dichiara ufficialmente “guerra alla droga” e definisce l'abuso di droga come “nemico pubblico numero uno”. Questa vera e propria dichiarazione di guerra ha messo in moto una macchina, prima nazionale, poi mondiale, che ha macinato negli ultimi 40 anni tanti soldi, e tante vite umane, che forse non sarà mai più possibile contarli.
Certo Nixon si muoveva all'interno della Convenzione Unica sugli Stupefacenti, fondata nel 1961; oggi, a distanza di 50 anni dalla Convenzione, e a 40 dalla dichiarazione di guerra di Nixon, è possibile tracciare un bilancio di tanti investimenti finanziari e di tanto dolore sociale. Su questa intenzione di bilancio e di revisione si fonda il lavoro della Global Commission on Drug Policy, una commissione formata, inizialmente, da 19 membri, fra i quali Kofi Annan, Fernando Henrique Cardoso, Javier Solana, Mario Vargas Llosa e altri.
La Commissione ha presentato nello scorso giugno un documento dotato di una bibliografia scientifica e di dati di fonte Onu nel tentativo di mettere i potenti del mondo, e l'opinione pubblica, di fronte all'evidenza del fallimento della guerra alla droga: “La guerra alla droga non è stata, e non può, essere vinta”.
Per dimostrare tale fallimento la Commissione presenta i dati del consumo di droghe, nel mondo, nei 10 anni dal 1998 al 2008; nell'ultimo decennio l'uso degli oppiacei è cresciuto del 35%, quello di cocaina del 27%, quello di cannabis, dell'8,5%.
«La scala globale dei mercati di droga illegale, ampiamente controllati dal crimine organizzato, è nei fatti cresciuto in modo spettacolare in questo periodo. Mentre non sono disponibili stime esatte del consumo globale nel periodo completo dei 50 anni, una analisi dei soli ultimi dieci anni mostra un esteso mercato crescente e dimostra il fallimento della guerra alla droga».
Dal 1971 ad oggi, investendo nella “war on drugs” si sono eradicati con lanci di pesticidi dal cielo milioni di ettari coltivati, si sono armati eserciti e dipartimenti, si sono effettuati milioni, forse miliardi, di perquisizioni, arresti, processi, esecuzioni; si sono gestiti giri multimiliardari di denaro sporco, collegati ai mercati paralleli di armi ed esseri umani, si sono ingrassate le organizzazioni criminali di tutto il mondo.
A fronte di questo massiccio dispiegamento di forze e di risorse, i risultati dimostrano quello che era già evidente, cioè che la proibizione e la persecuzione punitiva di una sostanza, così come di un comportamento, aumenta l'uso e alza i prezzi; in più, con l'uso delle forze dell'ordine e di operazioni di polizia rivolte ai consumatori e ai piccoli spacciatori, cresce l'uso problematico e la tossicodipendenza.
La Commissione non propone affatto di dismettere la lotta ai narcotrafficanti; suggerisce anzi che le operazioni di polizia si concentrino, con maggiore efficacia, sui responsabili e sui capi delle organizzazioni, su tutte quelle collusioni tra narcotrafficanti, politici, eserciti, forze dell'ordine, che affogano le democrazie nella corruzione come ben è reso evidente dai tristi casi di Messico ed Afganistan, invece di accanirsi sui piccoli spacciatori di strada, che spesso sono o tossicodipendenti o extracomunitari alla fame, o sui poveri contadini andini o asiatici oppressi e intimiditi, o su miliardi di semplici cittadini consumatori che hanno, casomai, bisogno di politiche di sviluppo e non di galera.
Il secondo principio, dei quattro che la Commissione sintetizza, sembra riguardare molto da vicino l'Italia:
2. Le politiche sulle droghe devono basarsi sui principi dei diritti umani e della salute pubblica. Dobbiamo porre un termine alla stigmatizzazione e alla emarginazione delle persone che usano certe droghe e di quelli che restano coinvolti nei livelli più bassi della coltivazione, della produzione e della distribuzione, e trattare le persone tossicodipendenti come pazienti, non come criminali.
Assistiamo invece al fatto che le politiche sulle droghe italiane, quelle che scaturiscono dal Dpa dell'attuale governo, non si basano né sui principi del diritto umano né sulla salute pubblica, contravvenendo sia gli uni che gli altri; ogni giorno in Italia, e ogni notte, i diritti delle persone vengono violati in base proprio alla discriminazione verso chi consuma droghe illegali, la salute pubblica viene messa in pericolo da politiche scellerate sulla prevenzione dell'Aids o sull'accesso ai farmaci.
Claudia Sterzi
(da Notizie Radicali, 3 agosto 2011)