Una settimana convulsa, sia per i temi, sia per il lavoro: gli ultimi dieci giorni sarebbero quelli tipo “normale programma di lavoro pieno al Senato”. Il lavoro effettivamente è tanto, nel senso che si sta ore nel palazzo a correre su e giù per scale scalette scaloni, in aule aulette auloni, dentro ascensori di tutte le forme e dimensioni (quadrati per 2, 4, fino a 10 persone, rettangolari idem, triangolari, tipo loculo, con porte a vetri o di legno ecc. ecc., un catalogo) ma poi la sera quando si fa un bilancio ci si accorge che il tempo non è stato utilizzato molto bene, che si è stanchi, ma non soddisfatti di quel che si è combinato. Vige un costume retorico e i discorsi anche quando siamo tra noi e non c'è né tele né stampa sempre ampollosi ripetitivi presenzialisti. L'organizzazione del lavoro non è di grande qualità.
Vero che questa settimana è stata soverchiata da Nazionale e Afganistan e ai lavori si è anche mescolato il tifo sportivo e l'irritazione per il decreto Bersani. Quanto a me ho avuto anche ospiti a Roma la più piccola (15 anni) del mio nipotame con amica coetanea e ho dovuto ciceroniare i principali monumenti ecc. Si sono molto divertite a visitare il Senato e altro, ma hanno anche avuto paura dei festeggiamenti per la Nazionale. Già dopo la partita con la Germania, dopo un paio d'ore di pura gioia sono cominciati i cori sguaiati “La mamma dei tedeschi è un puttana” sull'aria di una vecchia canzone fascista e bottiglie rotte e motorini presi a petardi. Dopo la finale il coro era direttamente indirizzato alla mamma di Zidane, uno schifo: che non gli venga mai in mente -sia pure con la loro scarsa fantasia- che il papà di qualcuno magari è un puttaniere!
Alla faccenda dei tassisti capita qualcosa di simile: il loro fastidio cavalcato da fascisti con volantini che inneggiano al duce e altre amenità. In ambedue i casi la popolazione non ha abboccato e in particolare i tassisti hanno avuto un secco calo di affari. A Roma abito dalle parti di piazza Farnese, dove c'è l' ambasciata di Francia e alloggiano molti francesi: la cosa è stata ancora più offensiva: ma i francesi si sono rifatti poche sere dopo invitando Roma a festeggiare il 14 luglio con balli e canti in piazza, bravi! sportivi davvero!
Al solito mi è stato chiesto un parere sulle Frecce tricolori e ho detto che spero la loro esibizione all'arrivo dei campioni sia stata pagata dalla Nazionale oppure dai club calcistici come ammenda per i pasticci combinati ecc. Ma sotto tutto intanto rode la faccenda dell'Afganistan che mi ha dato da pensare molto: non voglio riprendere le molte dure schermaglie tra noi parlamentari ecc. né le accuse rivoltemi personalmente: voglio invece fare un ragionamento adesso quando sembra sia stato possibile a Ramon Mantovani, che ha trattato il testo della mozione dopo che Giovanni Russo Spena, Gennaro Migliore e Franco Giordano avevano trattato con le altre forze politiche della coalizione una posizione accettabile, sembra dunque che la mozione sia buona o almeno sufficiente e dalla vicenda dobbiamo trarre insegnamenti vari: le cose che mi hanno colpito di più sono le affermazioni di onnipotenza di chi si definisce movimento: sembra che i numeri non contino e che il desiderio di chi si unisce come movimento abbia una immediatezza e imperatività senza possibilità di discussione: e solo con noi. Nessuno di quelli che si autodefiniscono movimento fa niente verso i Ds, la Margherita, Di Pietro (eppure il presidente della commissione Difesa del Senato è un eletto nelle liste dell'Italia dei valori), la Rosa nel pugno, Mastella: resta tutto da fare a noi che siamo dunque reputati onnipotenti e comunque “a disposizione”, non dotati di volontà e testa propria. Orbene: noi non siamo “i rappresentanti” del movimento e non siamo stati eletti solo da chi è stato o è movimento. E comunque, dato che abbiamo una meta comune bisognerà accordarsi su come si fa per muoversi in quella direzione.
Ci viene riconosciuto che abbiamo una meta comune? talora mi è addirittura parso di no e questo non è accettabile. Ma soprattutto nessuno di quelli e quelle che si sono scagliati a intimarci come votare e di votare no sull'Afganistan, si è minimamente chiesto se ciò favorisce o sfavorisce la guerra. A mio parere il no favorisce la guerra perché lascia mano libera a quelli (e sono la maggioranza nel parlamento e quasi anche nello schieramento di centrosinistra) che la guerra la vogliono o non la ostacolano o la ritengono una dura necessità o una extrema ratio. La prima cosa da fare per impedire il rafforzarsi e l'estendersi della guerra è di impedire che si raggruppino tutti quelli che alla guerra non oppongono un rifiuto deciso. Si dice: e la Costituzione? in questi anni la Costituizione è stata manomessa e poco abbiamo fatto come movimento per impedire ciò: ad esempio è stata avviata una interpretazione per cui "Difesa" significa (formalmente sancito) anche difesa degli interessi nazionali ovunque nel mondo e anche con strumenti di intervento rapido: invece di rimanere attaccati alla lettera dell'art. 11 sarebbe stato più utile appoggiare gli sforzi di Raniero La Valle e altri per avere una legge ordinaria interpretativa dell'art. 11. Oppure quando cercavo di attirare l'attenzione sulla presenza di paesi neutrali in Europa e sull'interesse dei loro modelli di difesa si rideva come di un obiettivo troppo moderato: noi intanto scavalcavamo allegramente qualsiasi tappa intermedia chiedendo il disarmo unilaterale assoluto e via così. Lo stesso quando ho detto che bisognava occuparsi di ottenere il diritto all'obiezione di coscienza anche nell'esercito professionale o una decente organizzazione sindacale nelle Forze armate di mestiere ecc. Insomma quando si parla di crisi del movimento si dice una cosa precisa: significa certo un arretramento dovuto in parte al fatto che intanto il militare ha lavorato molto anche sul terreno culturale e del simbolico: le fabbriche d'armi si chiamano ufficialmente “Industria della difesa”, le spedizioni si chiamano missioni e la guerra pace.
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Insomma è tutto così negativo? a parte le personali disgrazie e inciampi e amarezze no: si vedono i segni di una nuova fase di movimento che ha caratteristiche invece molto precise, attrezzate e culturalmente sottili, vi è una grande e nuova scaltrezza politica in strati e aree ampie della popolazione: il fatto di Pordenone contro il governo USA, di Vicenza sull'allargamento dell'aeroporto, la tenuta e l'allargamento della TAV come movimento fondato sull'esercizio pieno della cittadinanza e con piena autonomia, il movimento sulla laicità dello stato, “Usciamo dal silenzio”, il movimento che persino a Rivolto comincia a dire che le Frecce non sono solo gloria e bellezza a me fanno venire in mente che quel processo di ripoliticizzazione che era iniziato insieme al sorgere vorticoso del berlusconismo o della Lega come invece rozzo e immediato spaccio di sudditanza e qualunquismo, comincia a farsi vedere: il numero di persone che in treno, al mercato, nei dibattiti e scrivendo mostrano di saper distinguere tra sogni ed etica e responsabilità è significativo e ha un atteggiamento da cittadini e cittadine, che a me sembra fornire una novità vera.
Il passaggio da sudditi (dei Papi, dei Savoia, di Mussolini) a cittadini non è mai avvenuto del tutto: siamo passati da sudditi a “militanti” di partiti o movimenti-chiese. La dimensione della laicità innerva i nuovi movimenti ed è una vera speranza.
Lidia Menapace