Riportiamo il testo dell'intervento in aula della Sen. Donatella Poretti, pronunciato ieri al Senato nell'ambito del dibattito sulla questione di fiducia al Governo.
Signor Presidente, colleghe e colleghi, onorevole rappresentante del Governo, e approfitto anche per fare gli auguri di buon inizio al nuovo Ministro che speriamo, almeno lui, si occupi davvero della giustizia, è stato ricordato che il disegno di legge licenziato dalla Camera dei deputati – e alcuni interventi sono entrati nel merito – inaspriva per certi versi il nostro codice laddove ci si trovasse davanti a delitti puniti con la pena dell’ergastolo.
Poi il Senato l’ha rivisto, per certi versi l’ha stravolto, anche se era rimasta ancora la parola “ergastolo” nel titolo e ancora rimane. Era rimasto come aggancio per noi per cercare, come ricordava poc’anzi il senatore Bruno, di aprire un dibattito culturale e politico sull’utilità di mantenere nel nostro codice penale la pena dell’ergastolo. Sarebbe stato un momento anche elevato di dibattito in quest’Aula parlamentare. Ha ancora senso mantenere l’ergastolo? Costituzionalmente rientra nell’applicazione della nostra Costituzione, laddove quest’ultima prevede la riabilitazione del detenuto, prevedere un fine pena mai? Dunque, si poteva parlarne e infatti come radicali avevamo presentato un ordine del giorno che il senatore Perduca ieri ha illustrato nella convinzione che si potesse parlare anche dell’ergastolo. Poi il Parlamento in piena libertà ha votato e deciso in una direzione piuttosto che in un’altra.
In realtà, il dibattito è decisamente andato in un’altra direzione e anche plasticamente, esteticamente, si sta riproducendo in maniera schizofrenica il bicameralismo perfetto così, mentre noi parliamo del processo lungo, nell’altro ramo parlamentare si parla del processo breve.
Comunque sia, non si parla della giustizia bensì di piccoli provvedimenti che interessano alcuni processi, alcuni cittadini italiani, ma poi in realtà non si va a risolvere il problema dei problemi, vale a dire lo stato malato della giustizia italiana. Il sottosegretario Caliendo questa mattina è intervenuto in un dibattito che si tiene sempre al palazzo del Senato, a pochi metri in linea d’aria da qui, che forse ridà dignità all’istituzione del Senato, a dispetto di un dibattito che in quest’Aula decisamente svilisce le istituzioni.
Ogni qualvolta ci si trova davanti ad un voto di fiducia, signor Sottosegretario, si tende ovviamente a non entrare più nel merito. È difficile parlare del merito del provvedimento, anche se l’ha fatto poc’anzi il senatore Li Gotti, ed è abbastanza inutile: sappiamo tutti bene che ci si trova di fronte a un Esecutivo che chiede di votare a favore o contro il Governo, non più nel merito del provvedimento.
A pochi metri da qui, stamattina, il sottosegretario Caliendo è intervenuto ad un dibattito che invece ridà importanza alle istituzioni, in cui si è cercato di parlare della giustizia, un dibattito dal titolo importante: «Giustizia! In nome della legge e del popolo sovrano». Si tratta di un Convegno, che ha il patrocinio della Presidenza della Repubblica ed è organizzato anche dalla Presidenza del Senato, che arriva a seguito di una iniziativa di Marco Pannella (uno sciopero della fame ed uno sciopero della sete) per chiedere l’amnistia e l’indulto, e comunque di parlare della necessità di riformare la giustizia italiana.
Stamattina vi è stato un importante intervento del Presidente della Repubblica, che ha ricordato lo stato attuale definendo una questione «di prepotente urgenza sul piano costituzionale e civile» l’emergenza giustizia nelle carceri. Egli ha parlato di come alla fine si produca «una giustizia deviata», «ritardata e negata» e di come «l’emergenza assillante» della situazione carceraria non possa escludere alcuna ipotesi, né alcuna soluzione.
E invece oggi, l’Assemblea del Senato, quella sovrana di approvare le leggi e risolvere i problemi dello Stato italiano, è costretta a discutere della fiducia o meno al Governo Berlusconi.
Concludo con il cercare forse di tenere ancora accesa l’importanza delle istituzioni. Per una felice coincidenza, proprio in questi giorni è arrivato a conclusione il lavoro svolto dalla Commissione parlamentare di inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del Servizio sanitario nazionale sugli ospedali psichiatrici giudiziari. Ebbene, quella Commissione, quei Gruppi parlamentari, quei relatori di maggioranza e di opposizione, quel Presidente hanno mostrato che le istituzioni possono ancora dare una buona prova di sé. Si può passare dalle parole ai fatti, si possono prendere provvedimenti per i cittadini, anche per quei cittadini «matti» chiusi negli ospedali psichiatrici giudiziari, se si vede davvero quando è lesa la dignità delle persone, quando non c’è più il diritto alla salute, quando si va davvero sopra quelli che sono i principi costituzionali, se si vede una situazione che il Presidente della Repubblica ha definito «di estremo orrore», «inconcepibile in qualsiasi Paese appena appena civile».
La Commissione parlamentare di inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del Servizio sanitario nazionale ha dato buona prova di sé come istituzione, ha cercato di utilizzare tutti gli strumenti che aveva a disposizione, in base alla sua costituzione ed al suo Regolamento, per trovare una soluzione.
Vorrei che quell’esempio oggi fosse la testimonianza che il Parlamento e il Senato possono fare qualcosa di positivo, invece che discutere meramente di fiducia su provvedimenti il cui senso ovviamente si perde nel momento stesso in cui la questione di fiducia è posta. (Applausi dal Gruppo PD e del senatore Pardi).