Inaplazable fugitivo
La única sabiduría: no te detengas.
Reinaldo Arenas
No logró detenerte ni el Portero
ni Arturo, la estrella más brillante
ni la que se quedó ardiendo con el ángel
para que te abrieras camino en el horizonte
ni el Mar que una y otra vez te extendía
sus manos irreprochables de aguas instintivas
para que te evadieras del atolondramiento y la locura
que te causó el Desfile que todavía continúa;
no logró detenerte ni el Central
que extraía el guarapo que seguías buscando
“en el desesperado rodar hacia la muerte”
ni la Voluntad de vivir que se manifestaba en tu palabra
siempre incesante
que enronqueció con tu desbordamiento
en la desembocadura de otro exilio;
no lograron demoler tus versos ni desaguar tus mares
que almacenaron esa Necesidad de Libertad
que a todos contagiaste hasta el postrer minuto
de tus brasas.
Te escapaste por la ranura más estrecha
y quién iba a decir que cruzarías la frontera de la vida
con una derretida prisa, terriblemente solo
sin ningún salvoconducto
tal vez con algún gesto
pero sin perder “la ecuanimidad ni el ritmo”
a riesgo de que te devolvieran nuevamente
al mundo de la confabulación y el egoísmo
donde castañetean de miedo tus enemigos
que sabían jugabas tu vida a la literatura.
Te fugaste por entre las membranas del aburrimiento
tanteando el temible teclado de las Parcas
a la hora en que la desolación y el peligro son más grande
y los quebrantamientos del alma envuelven en silencio
la gloria y los escombros del siniestro
dejando sólo los funerales del humo;
nadie te vio zarpar del puerto:
te escapaste con pastillas del naufragio lapidario
nadie pudo distraerte ni tampoco ilusionarte
y saliste apurado del país de los aplausos
inalterable como el que suprime la distancia
y únicamente vislumbra la silueta a la deriva
de un cuerpo deportado.
Llegaste primero a la ausencia
allí donde la furia finaliza su industria de veneno
sin importarte mucho el arte de morir
sin agarrarte a la vida de tus amigos
porque sabías que sólo morían los demás
de esa presuntuosa enfermedad
que tienen los vivos.
Oh Reinaldo ya faltas irremediablemente
has quemado tus naves en la arena
intentando exorcizar tus maldiciones
te ahorraste las exequias y el retorno
y ese estar desarenándote a la moda
apabullado por un silencio indescifrable
sin poder nuevamente arrojarte al peligro
erotizado por el cosmético de la muerte.
¡Cuántos murmullos se oyen en tu silencio!
¡Cuántas vanidades antes que anochezca!
Rafael Bordao
Improrogabile fuggiasco
La sola saggezza: non trattenerti.
Reinaldo Arenas
Non riuscì a trattenerti né il Portiere
né Arturo, la stella più brillante
né quella che restò a bruciare con l’angelo
per aprirti il cammino nell’orizzonte
né il Mare che più d’una volta ti aveva teso
le sue mani irreprensibili di acque impulsive
perché fuggissi dallo stordimento e dalla follia
che ti provocò la Parata che ancora continua;
non riuscì a trattenerti né la Centrale
che estraeva il succo di canna che continuavi a cercare
“nel disperato percorso verso la morte”
né la Volontà di vivere che si manifestava nel tuo linguaggio
sempre incessante
che si tinse di rosso con il tuo straripamento
nella conclusione d’un altro esilio;
non riuscirono a distruggere i tuoi versi né a prosciugare i tuoi mari
che immagazzinarono quella Necessità di Libertà
che a tutti trasmettesti fino all’ultimo minuto
delle tue braccia.
Scappasti per la feritoia più stretta
e chi avrebbe detto che avresti attraversato la frontiera della vita
con un’impaziente premura, terribilmente solo
senza nessun salvacondotto
forse con qualche gesto
ma senza perdere “l’imparzialità e il ritmo”
a rischio che ti restituissero nuovamente
al mondo del complotto e dell’egoismo
dove tremano di paura i tuoi nemici
consapevoli che mettevi in gioco la vita per la letteratura.
Sei scappato tra le membrane della noia
soppesando la temibile tastiera delle Parche
all’ora che la desolazione e il pericolo sono più grandi
e le commozioni dell’anima avvolgono in silenzio
la gloria e le macerie del sinistro
lasciando solo i funerali del fumo;
nessuno ti ha visto salpare dal porto:
sei fuggito con le pillole del naufragio lapidario
nessuno ha potuto distrarti e neppure illuderti
e sei uscito in fretta dal paese degli applausi
imperturbabile come colui che sopprime la distanza
e soltanto scorge la sagoma alla deriva
di un corpo deportato.
Hai raggiunto per primo l’assenza
lì dove la furia consuma la sua fabbrica di veleno
senza far molto caso all’arte di morire
senza aggrapparti alla vita dei tuoi amici
perché sapevi che solo morivano le persone
di quella presuntuosa malattia
che possiedono i vivi.
Oh Reinaldo ora sei assente irrimediabilmente
hai bruciato le tue navi nella rena
tentando di esorcizzare le tue maledizioni
ti sei risparmiato le esequie, il ritorno
e quel toglierti la rena che va di moda
mortificato da un silenzio indecifrabile
senza poter nuovamente gettarti nel pericolo
erotizzato dal cosmetico della morte.
Quanti sussurri si odono nel tuo silenzio!
Quante vanità prima che sia notte!
Traduzione di Gordiano Lupi
Da: Ser cultos para ser libres, 09/07/2011