Sergio Anelli
L’assassinio lento di Pasolini
Nino Aragno Editore, pagg. 320, € 15,00
Novembre 1975. Si consuma il più grave delitto che vede protagonista un uomo di cinema, un poeta e un letterato di grande spessore culturale. Pier Paolo Pasolini muore all’idroscalo di Ostia e ancora oggi ci chiediamo come tutto questo possa essere accaduto su quel lungomare disadorno e spoglio. Un campo di calcio amatoriale recintato da una rudimentale rete di protezione, tra sporcizia e odori di miseria, erbacce, sterpaglie, case diroccate dalle finestre inchiodate con il cartone e ancora da costruire, alberi scheletriti e un pugno di polvere. Questo il panorama del delitto che vede Pasolini morire come uno dei suoi protagonisti, per mano di un ragazzo di vita nel pieno della sua vita violenta. Il corpo di Pasolini viene ritrovato in mezzo al campetto sterrato, nei pressi di una palizzata di tavole rosa e verdi e proprio una di quelle tavole è servita a ucciderlo. Vicino al campo principale dove Pasolini muore c’è un altro campetto sterrato e, ancora più lontano, ci sono baracche di lamiera e legno, case di povera gente e ragazzini che giocano a pallone.
Sergio Anelli scrive l’opera definitiva sul caso Pasolini e lo fa con l’esperienza acquisita dopo anni di “letteratura realtà”, composta di romanzi a metà strada tra narrazione, documento, atti processuali, fatti storici, testimonianze e personaggi desunti dalla storia. Nino Aragno è un editore benemerito e coraggioso, perché il libro espone una ricostruzione storica del delitto Pasolini che cerca di scavare a fondo tra le pieghe del processo per sposare la tesi dell’omicidio politico su commissione. Il corpo di Pasolini - trucidato come una vittima del suo Salò - in un campo di calcio di periferia, uno di quei campetti sterrati che era solito frequentare, dopo un rapporto non consumato con uno dei suoi amati ragazzi di vita. Pasolini che aveva capito il triste futuro italiano in anticipo, il tormentato e visionario profeta che aveva previsto la cultura della televisione, il consumismo, i riti di massa nei supermercati, il nuovo fascismo in doppio petto e sorrisi, il conformismo nel vestire e nel parlare. Pasolini che aveva capito tutto del delitto Mattei, intuendo come mandante proprio quel Cefis che aveva organizzato la P2, ucciso dalla sua volontà di indagare e di denunciare, più che dalla passione omosessuale per i ragazzi di borgata. Pasolini che stava scrivendo Petrolio, romanzo trafugato e distrutto dai servizi segreti, uscito postumo ma privo di almeno duecento pagine, le parti più scottanti. Pasolini che aveva appena terminato di girare Salò e cercava di recuperare le pizze con le sequenze finali, per lui così importanti, scene mancanti che i ladri avrebbero concesso al prezzo di cifre folli. Pasolini come Matteotti, ucciso dai fascisti, da una squadraccia di giovani picchiatori che lo bastonano, gli fanno perdere sostanza cerebrale e sangue, lo colpiscono al basso ventre e infine lo uccidono passando sul suo corpo in fuga con i pneumatici della sua auto. Pelosi si prende la colpa di tutto, convinto che gli avvocati lo tireranno fuori, ma non è così, dovrà scontare oltre nove anni per omicidio commesso con il concorso di ignoti. Soltanto che gli ignoti resteranno per sempre tali. L’idea dell’agguato a Pasolini presenta un certo fascino e non è ipotesi del tutto campata in aria, anche perché il noto polemista in quel periodo aveva affondato più volte il coltello nella piaga del malgoverno democristiano. Pasolini pochi giorni prima della sua morte aveva chiesto una Norimberga democristiana per smascherare le torbide trame e gli occulti giochi di potere. Negli anni Settanta i delitti politici erano all’ordine del giorno e in questo caso si sarebbe voluto colpire la cultura italiana di sinistra togliendo di mezzo Pasolini con un terribile agguato, eliminare chi redigeva scritti velenosi sulle colonne del Corriere della Sera, raccolti postumi negli Scritti Corsari e nelle Lettere Luterane. Risalgono a questo periodo sia la strage di piazza Fontana che quella dell’Italicus, eventi macabri e terribili che non hanno ancora un colpevole. Pasolini aveva previsto anche la strage della stazione di Bologna e faceva troppe congetture pericolose. Non molti giorni prima della sua morte un certo Giorgio Almirante, segretario del Movimento Sociale Italiano, aveva detto: “Pasolini deve essere eliminato”. Non fu da meno un cinico Giulio Andreotti dopo la morte orribile del poeta: “Pasolini se l’è cercata”.
Sergio Anelli, invece, dà una mano a tutti per cercare di capire la verità.
Gordiano Lupi